Anche Giosuè Ruotolo, sospettato del duplice delitto del palasport di Pordenone,

Martedì 18 Ottobre 2016
Anche Giosuè Ruotolo, sospettato del duplice delitto del palasport di Pordenone, distoglie turbato lo sguardo dal volto insanguinato del commilitone Trifone Ragone. Sono immagini forti quelle mostrate ieri in Corte d'assise a Udine, dove il processo contro il 27enne di Somma Vesuviana è entrato nel vivo con l'apertura del dibattimento. Al medico legale Giovanni Del Ben quelle foto choccanti servivano per far comprendere quanto fulminee siano state l'azione omicidiaria e la morte del caporalmaggiore di Adelfia (28 anni) e della fidanzata Teresa Costanza (30), assicuratrice che aveva seguito il compagno a Pordenone. A rafforzare le sue conclusioni è stato il perito balistico Pietro Benedetti: il killer ha sparato da distanza ravvicinata sei colpi in rapida successione, senza consentire a Ragone alcuna reazione e mentre Teresa lo guardava negli occhi. Soltanto un proiettile è andato a vuoto.
La prima testimonianza è stata quella dell'istruttrice di yoga che ha trovato i cadaveri la sera del 17 marzo 2015: «Ho visto il volto del ragazzo insanguinato e ho cominciato a tremare». La ricostruzione è proseguita con i medici legali Giovanni Del Ben e Renzo Fiorentino. La loro consulenza - come quella balistica - è servita ai pm Pier Umberto Vallerin e Matteo Campagnaro per dimostrare che si è trattato di un'esecuzione. Chi ha sparato ha scaricato la sua semiautomatica 7,65 Beretta modello 22 (brevetto 1915/19). E, secondo Benedetti, sarebbero bastati 10 secondi per portare a termine l'azione. Il killer ha sparato in piedi, mentre Trifone saliva in auto dal lato passeggero. Il primo colpo verso il militare è stato esploso dall'esterno (lo dice il bossolo trovato accanto al piede della vittima, rimasto appoggiato a terra nell'atto di salire in macchina). Quando ha esploso gli altri cinque, il braccio dello sparatore era all'interno dell'abitacolo. Due dei tre colpi contro Trifone erano mortali, sparati da 25/40 centimetri. Uno - vicino alla tempia, come il colpo di grazia - sparato da 7/10 cm. Teresa è stata uccisa con due colpi in testa, entrambi mortali. Un sesto è andato a vuoto, contro il volante, poi deviato verso il finestrino.
Secondo il medico legale, l'assassino non si sarebbe sporcato di sangue. Elemento che per i pm giustificherebbe l'assenza di tracce ematiche sull'auto di Ruotolo, esaminata 6 mesi dopo il delitto. Per gli avvocati Roberto Rigoni Stern e Giuseppe Esposito conferma invece che sul banco degli imputati c'è la persona sbagliata. La difesa ieri si è concentrata soprattutto sulla perizia balistica. Sospetta che la scena del crimine sia stata inquinata e manifesta perplessità sul fatto che i colpi siano stati esplosi da un'unica pistola. Ma Benedetti non ha dubbi: i sei bossoli trovati sul luogo del delitto sono compatibili con le ogive. A sparare è stata la stessa, arrugginita pistola. E l'assassino, prima di andare nel parcheggio, ha più volte caricato e svuotato il caricatore.
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