Amanti diabolici in corsia medico e infermiera arrestati

Mercoledì 30 Novembre 2016
MILANO - È nel torbido intreccio di un amore diabolico tra un'infermiera che odiava il marito e un medico anestesista che applicava la sua etica della morte quasi sistematicamente nelle corsie di un ospedale - dove molti avrebbero saputo e taciuto - che si devono trovare le radici della drammatica vicenda emersa a Saronno, nel Varesotto. Le indagini dei carabinieri hanno portato alla luce morti sospette tra i ricoverati (almeno 4 tra il 2012 e il 2013) e presunti omicidi in famiglia.
Una trama violenta che nasce dal rancore per la convivenza forzata in famiglia, a Lomazzo, nel Comasco, e dal desiderio di liberarsi dai vincoli che impediscono una passione che diviene delirante: quella tra l'ex viceprimario del pronto soccorso di Saronno, Leonardo Cazzaniga, 60 anni, separato, di Rovellasca (Como) e la sua amante, l'infermiera Laura Taroni, di 40, arrestati per omicidio volontario. «Erano stati sorpresi diverse volte a scambiarsi effusioni nei reparti», raccontano i colleghi sentiti dagli inquirenti. Ma i due non si limitavano ad amoreggiare. «Secondo te potrei essere accusato di omicidio volontario? (...) Se si documenta che ho praticato l'eutanasia...io non sono neanche l'unico», diceva all'amante in un'intercettazione. E lei: «L'eutanasia è un'altra cosa (...) cioè tu firmi e ti fanno un cocktail di farmaci (...) loro non riuscivano nemmeno a respirare». Per due anni i magistrati li hanno intercettati.
A fronte di questa passione sfrenata, la vicinanza del marito «che pretendeva rapporti sessuali» e a cui la moglie «metteva dei medicinali nell'acqua per abbattergli la libido» doveva sembrare una sofferenza insopportabile ai due amanti. Laura viveva anche con i due figli di 11 e 8 anni in una villetta che aveva visto tempi migliori, quand'era la casa padronale di una florida azienda agricola. «Se vuoi uccido anche i bambini», diceva all'amante. «No, i bambini no». Questa una delle intercettazioni choc.
Di fianco a loro, l'abitazione dei parenti dell'uomo che lei «odiava». Così alla fine, applicando quello che in corsia è conosciuto da molti colleghi (undici gli indagati per omessa denuncia o favoreggiamento) come il protocollo Cazzaniga, è scattato il piano «delle menti omicide» per eliminare il marito. Che prevedeva «del cardiotonico e dei betabloccanti nel caffè» giorno dopo giorno, contemporaneamente facendogli credere (grazie alla complicità di altri medici, ora indagati) che fosse malato. Lui alla fine è morto nel giugno del 2013 (la Procura ritiene che si sia trattato di omicidio) e allora il delirio si è spostato sui parenti superstiti e ha coinvolto anche uno dei due figli della donna in orrendi ragionamenti di morte. «Ma poi la nonna Maria la facciamo fuori...», e «poi c'è tua zia Gabriella... (...) Le avresti fatte sparire così? Non è così semplice, sono grosse! L'umido da noi passa solo una volta a settimana (...) non abbiamo più neanche i maiali». «Noi abbiamo un'arma segreta che loro non sanno», diceva l'infermiera ai figli pensando alla successione e a come uscire dai guai economici. «Papà non ha messo l'ipoteca sull'azienda ma sulla casa degli zii». «Prima c'è il nonno, poi ci sono io e la nonna Maria (deceduta per cause naturali, morte ora al vaglio degli inquirenti, ndr) quindi metà e metà». «Ma poi la nonna Maria la facciamo fuori», replicavano i ragazzi. «La Nene possiamo far fuori quando vogliamo e anche la zia Adriana».
Sarà stata anche una follia per una passione malata, ma alla fine ad armare la mano omicida non ci sarebbe stato solo l'amore impossibile, ma uno sfrenato desiderio di soldi.

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