Alluvione 2011, condannata a 5 anni l'ex sindaca Vincenzi

Martedì 29 Novembre 2016
Alluvione 2011, condannata a 5 anni l'ex sindaca Vincenzi
La morte di quattro donne e di due bambine, durante la terribile alluvione che colpì Genova il 4 novembre del 2011, si sarebbe potuta evitare: per questo, ma anche per aver successivamente falsificato i verbali nel tentativo di scagionarsi, l'ex sindaca Marta Vincenzi è stata condannata in primo grado a cinque anni, ritenuta colpevole dei reati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e falso ideologico. Il tribunale di Genova ha accolto la ricostruzione del pubblico ministero Luca Scorza Azzarà, che però aveva chiesto sei anni e un mese di reclusione per l'ex prima cittadina del capoluogo ligure. Per gli stessi reati sono stati condannati anche l'ex assessore comunale alla Protezione civile Francesco Scidone (4 anni e 9 mesi) e il dirigente comunale Gianfranco Delponte (4 anni e 5 mesi). Pene inferiori sono state inflitte invece al dirigente Pierpaolo Cha e al tecnico Sandro Gambelli.
«Per fortuna non è finita qui: ci sono tre gradi di giudizio - ha detto Vincenzi uscendo dal tribunale, dopo la lettura della sentenza da parte del giudice Adriana Petri - Provo molta amarezza. Però quando si è innocenti bisogna andare avanti e io non mi ritengo colpevole». La condanna è un macigno, che non risparmia i capi di imputazione più gravi scagionandola solo dall'accusa di calunnia. In particolare, l'allora sindaca di Genova avrebbe compiuto due scelte scellerate: non disporre la chiusura delle scuole, nonostante l'allerta meteo, e non chiudere le strade adiacenti al torrente Fereggiano, che esondò alle 13. Proprio in un portone di via Fereggiano tentarono di rifugiarsi dall'onda di piena alcune delle sei vittime, tre delle quali erano uscite di casa per andare a prendere figli e fratelli a scuola. Dalle indagini è emerso che «gli uffici comunali di protezione civile avevano ricevuto notizie allarmanti già alle 11», dunque nelle due ore precedenti l'esondazione si sarebbe potuto e dovuto agire diversamente. Gli imputati sono stati inoltre condannati per falso perché, dopo la tragedia, la sindaca avrebbe avallato la falsificazione del verbale che anticipava di mezz'ora la piena del fiume, oltre a certificare un sopralluogo tecnico che in realtà non è mai avvenuto. Documenti grossolanamente manipolati per mettersi tutti amministratori, dirigenti, tecnici al riparo dalle inevitabili indagini.
I familiari delle vittime, presenti a ogni udienza, hanno reagito con compostezza alla lettura di una sentenza. «Senza i loro errori mia figlia sarebbe ancora qui» ha detto Rosanna Costa, madre di Serena, 19 anni, uscita in motorino sotto al diluvio per andare a prendere il fratello in un istituto tecnico. Una tragedia che ha segnato uno spartiacque nella gestione delle emergenze alluvionali in Liguria, purtroppo ricorrenti: «Sollievo? No, perché ho perso la mia famiglia ha commentato Flamur Djala, marito di Shiprese Djala e padre di Gioia, otto anni, e Gianissa di 10 mesi, tutte travolte dalla piena Ma vedo che ora tante cose sono cambiate e mi fa piacere, perché io amo Genova. Avrei voluto una pena più severa, ma va bene così». Le altre vittime furono Angela Chiaramonte, che stava andando a recuperare il figlio bloccato in classe, ed Evelina Pietranera, di ritorno dal lavoro in edicola. Ai loro familiari il Comune di Genova dovrà corrispondere risarcimenti complessivi per quasi 5 milioni di euro. Marco Costa, padre di Serena: «Nessuno degli imputati ha dimostrato il benché minimo pentimento, spero che questa condanna li aiuti a crescere».
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