Il pianista che ha fatto ballare l'Orient Express: «La fisarmonica da piccolo mi ha salvato dalla miniera»

La vita avventurosa di Costantino Carollo, 84 anni, vicentino di Zugliano

Lunedì 4 Marzo 2024 di Edoardo Pittalis
Costantino Carollo

VICENZA  - Il pianista sull'Orient-Express. Sembra una storia a metà tra un giallo di Agatha Christie e un film di Giuseppe Tornatore. Costantino Carollo, 84 anni, vicentino di Zugliano, ha avuto davvero una vita avventurosa e un pianoforte, ma sul treno favoloso e non sul transatlantico.

Racconta che, però, a rischiare la vita è stato il padre Giacomo, almeno due volte: prima a Vo' Vecchio durante la guerra, quando era stalliere nella villa dove i tedeschi rastrellavano gli ebrei veneti destinati ad Auschwitz; poi a Marcinelle dove lavorava nel pozzo minerario a pochi metri da quello dove sono morti 262 minatori. Costantino sembra uscito da una vecchia pellicola in bianco e nero quando racconta la profezia della zingara: «Una volta sono andato a suonare in un grande campo rom, una veggente mi ha letto la mano: "Avrà una lunga vita, vivrà fino ai 95 anni". Mi ha dato fiducia. Me ne mancano ancora almeno dieci».

Quanti anni aveva quando emigrò in Belgio seguendo il padre minatore?
«Era l'ottobre del 1946 quando con la mamma e i miei tre fratelli siamo partiti dalla stazione di Milano per raggiungere papà Giacomo che lavorava a Charleroi, nelle miniere di Marcinelle. Non c'era più lavoro nelle campagne e aveva seguito il fratello, per sei mesi ha abitato in baracche di lamiera. Doveva restare almeno cinque anni, ha scavato per quindici anni prima di lasciare per la silicosi. Vivevamo a Goutroux e ho fatto tutte le scuole in Belgio, ricominciando da capo perché si parlava solo francese. Classi miste con sessanta bambini, il maestro aveva una lunga bacchetta e ce la dava in testa. Otto chilometri a piedi al giorno, con qualsiasi tempo, ed erano più le bufere che le giornate di sole. Ricordo molto bene anche il razzismo, sui bar e sui ristoranti c'erano i cartelli con la scritta "Vietato ai cani e agli italiani". Oggi ci siamo dimenticati di quando eravamo noi gli emigrati».

I fratelli Carollo erano due delle centinaia di miglia di italiani emigrati col "Patto del carbone": l'Italia aveva eccesso di manodopera, il Belgio di materia prima. Braccia in cambio di carbone "a prezzo agevolato". Anche quegli "uomini carbone" erano il prezzo della ricostruzione. Cosa ricorda della tragedia di Marcinelle dove morirono anche 136 erano italiani?
«Ricordo benissimo quell'8 agosto del 1956, abitavamo vicino alla miniera. Siamo rimasti per giorni e notti fermi davanti al grande cancello nero di ferro aspettando notizie, impauriti, demoralizzati. I minatori morti li conoscevamo tutti, vivevamo la stessa vita. Tra le vittime ce n'erano che venivano dal Veneto. Ricordo i funerali con migliaia di persone in lacrime e una colonna infinita di gente triste. Quel giorno mio padre è stato fortunato, avrebbe potuto essere nel turno del pozzo di Marcinelle. Era la seconda volta che la morte gli passava accanto, era già accaduto durante la guerra quando lavorava a Villa Contarini a Vo' Vecchio. Arrivarono i tedeschi che volevano portare via tutti i cavalli da corsa, non li trovarono perché papà era riuscito a creare una parete con le balle di fieno e a nasconderli. Minacciato di morte, non disse mai dove erano i cavalli».

L'adolescenza dell'emigrato Costantino?
«Ho fatto le professionali da meccanico. Papà amava la musica, così mi ha fatto studiare la fisarmonica, a 12 anni ero campione del Belgio di fisarmonica. Poi mi sono iscritto all'Accademia musicale per un corso di studi regolare e mi sono diplomato in tromba e in fisarmonica. Ho fatto il meccanico alla Vokswagen e il magazziniere proprio a Marcinelle. Nessuno di noi figli ha fatto il minatore, ma ero l'autista che trasportava le putrelle di ferro che servivano per le rotaie sulle quali far scorrere i carrelli nelle miniere. Intanto, giravo con le orchestrine suonando la tromba, la fisarmonica e il pianoforte. Anche mio fratello Armando suonava la fisarmonica come pure mia sorella Cornelia, mentre l'altra sorella Maria faceva la ballerina professionista e ha vinto molti concorsi e la maratona di ballo. Io a 16 anni ho vinto la maratona di fisarmonica, si doveva suonare per 18 ore senza fermarsi: non potevi togliere le mani dallo strumento, ogni cinque ore avevi dieci minuti per mangiare, mi imboccava mia sorella».

Quando ha scelto la strada della musica?
«Nel 1960 a vent'anni mi hanno proposto una tournèe estiva in Belgio, però avrei dovuto lasciare il lavoro. Mio padre, che aveva appena lasciato il lavoro per la silicosi, mi ha consigliato di seguire la vocazione e sono partito con l'orchestra. Allora ho conosciuto Rocco Granata, anche lui figlio di emigrati in Belgio, che aveva avuto un successo clamoroso con "Marina", quella canzone era nel repertorio di tutte le orchestrine. Mio padre voleva che tornassi in anticipo in Veneto, in attesa del rientro della famiglia che è avvenuto nel febbraio del 1961. Non sapevo nemmeno una parola di italiano, per un po' ho provato a fare il carrozziere ma non era il mio mestiere, poi il meccanico nell'officina di uno zio. Ma avevo il pallino della musica e ho messo su un'orchestrina nella quale c'era la mia futura moglie, Gabriella Panighel, che era la cantante del gruppo e aveva anche partecipato a un concorso del Clan di Celentano. È stata lei, maestra elementare, a insegnarmi l'italiano. Ci chiamavamo i Carol's, abbiamo inciso un disco. Suonavo la tromba, ma è come pianista che per sei mesi mi sono esibito al famoso Muretto di Alassio, guadagnavo 10 mila lire a sera! Per due anni abbiamo girato l'Europa con la "Tijuana Band". Per quattro mesi abbiamo suonato al Lido di Venezia, alla "Perla". Ormai potevo anche sposarmi. La nostra è una famiglia musicale: mio figlio Gianluca suona la tromba e insegna al Conservatorio di Castelfranco, l'altro figlio Gian Matteo, trombonista, insegna educazione musicale».

E l'Orient Express quando entra nella sua vita?
«Per anni ho messo a frutto i miei diplomi e ho insegnato nelle scuole medie, sono andato in pensione solo per suonare sul più famoso treno del mondo. Un'impresaria padovana, Luisella Fogo, sentendomi al piano bar ha pensato che potessi andar bene per l'Orient Express. Devi conoscere migliaia di canzoni, la gente ti chiede qualsiasi motivo. Si trattava di coprire la tratta Parigi-Istambul di 10 giorni, la prima volta che sono salito ero talmente emozionato che tremavo, è uno spettacolo, c'è un vagone solo per la musica. Devi essere sempre elegante, suoni dalle 9 alle 14 e di sera dalle 17 alle tre del mattino. Clienti da ogni parte del mondo, specie americani, giapponesi, tedeschi. Mance davvero importanti. Una volta con un blitz Venezia-Parigi sono stato richiamato d'urgenza perché il pianista ingaggiato, che vantava una lunga esperienza sulle navi, era stato colto da crisi di claustrofobia. Ricordo Mick Jagger, salito a Londra per la Mostra del Cinema di Venezia, era sempre al bar a farmi compagnia, gridava "Tino! Tino!", un bicchiere e poi a suonare insieme al piano».
Dal treno Costantino Carollo è sceso qualche anno fa, ha creato una nuova orchestra, la "Casanova Venice Ensamble", gli è valsa una Gondola d'oro e anche un leone premio internazionale delle arti al Lido nel 2003. Ha realizzato e diretto musical di successo, come Jesus Christ Superstar. Ha accompagnato Marcella Bella nei grandi teatri italiani per i suoi 50 anni di carriera. Si è esibito nelle comunità italiane nel mondo: «Un'esperienza memorabile specie per me che sono stato emigrante».

E adesso?
«Sono uscito da poco dall'ospedale, anche adesso è la musica che mi salva, come dice il mio cardiologo. E poi c'è sempre la profezia dell'indovina».
 

Ultimo aggiornamento: 5 Marzo, 09:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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