Venice Venice, tra due mesi il nuovo hotel sarà a regime con 45 camere e 90 dipendenti. «Operazione da 70milioni»

Lunedì 6 Marzo 2023 di Roberta Brunetti
Venice Venice, tra due mesi il nuovo hotel sarà a regime con 45 camere e 90 dipendenti. «Operazione da 70milioni»

VENEZIA - Gli operai sono ancora al lavoro davanti a Ca' Dolfin, il palazzo contiguo al più famoso Ca' da Mosto. Ultimi ritocchi per questi due edifici di pregio alla volta del Canal Grande, di fronte a Rialto. «Entro un paio di mesi sarà tutto finito» assicura Alessandro Gallo, il padrone di casa di questo albergo (ma non solo: c'è il ristorante con il contestato affaccio sul Canal Grande e l'area commerciale nell'antico sottoportico a pianoterra) ribattezzato "Venice Venice". Già fondatore, insieme alla moglie Francesca Rinaldo, della Golden Goose, brand di lusso che partendo da un laboratorio di Marghera si è diffuso nel mondo, questo imprenditore quarantenne, sempre in coppia con la consorte, è il motore della nuova impresa veneziana che punta tutto su un altro lusso per così dire di nicchia, amante di Venezia e dell'arte contemporanea. Una scommessa su quella che loro chiamano post-venezianità.
Aperto un anno fa, quando erano pronte solo le prime 20 camere, il "Venice Venice" a breve andrà a regime: avrà 45 camere, una novantina di dipendenti, con un ulteriore spazio commerciale dedicato ai prodotti da forno che sarà aperto nel campiello retrostante, con sedie e tavolini.

Il completamento di un'operazione da 70 milioni di euro: ben 45 di restauro, per un lavoro accurato, avviato nel 2017 e seguito passo passo dalla Soprintendenza; i restanti 25 spesi preliminarmente, dal 2013, per acquistare la decina di porzioni in cui era frammentata la proprietà dei due palazzi.

LA TERRAZZA CONTESTATA

Gallo racconta l'impresa con orgoglio, facendo da cicerone tra i piani dell'hotel. L'ingresso è un biglietto da visita: con il pavimento tra marmi e acqua, omaggio a Carlo Scarpa, e la scultura ispirata alla Pietà michelangiolesca di Fabio Viale. Ogni stanza poi è dedicata a una corrente o un artista contemporaneo. Ovunque oggetti di design, istallazioni e opere d'arte. Massima attenzione ai particolari. «Il 95% lo abbiamo disegnato noi, il resto è delle aziende più iconiche» spiega il designer-imprenditore. Barba grigia, abbagliamento casual curato nei dettagli, non vuole essere fotografato. «Una scelta dai tempi di Goose» spiega. Non vorrebbe parlare nemmeno della contestata terrazzaplateatico sul Canal Grande. Ma in città quella piattaforma spuntata dai tavolati del cantiere e subito utilizzata per il bar-ristorante continua a far discutere. La primavera scorsa il Comune, su invito della Soprintendenza, si era mosso, contestando l'uso a plateatico del nuovo pontile sul Canal Grande, in teoria sempre vietato, a salvaguardia della «fruibilità» dei palazzi. Ma Venice Venice ha ottenuto dal Tar la sospensione del provvedimento. I giudici riesamineranno il caso ad aprile, entrando nel merito. Tutto ruota attorno all'interpretazione del plateatico concesso dal Comune: per Amministrazione e Soprintendenza riguarderebbe solo il sottoportico interno, per l'albergo comprenderebbe il maxi-pontile. Di questa autorizzazione atipica si sta occupando pure la Procura.

INVIDIE & MANCE

«Di questa indagine non so nulla, ma sono sereno - commenta Gallo - mi sono mosso seguendo le regole. Prima di avviare questa operazione avevo contattato Comune e Soprintendenza, con cui c'è stata unità d'intenti sulla necessità di recuperare il palazzo e di alzare il livello dell'offerta alberghiera. Anche la concessione del plateatico è stata concordata. Ora questa contrarietà della Soprintendenza mi sembra più un modo di proteggersi da attacchi esterni. Sapevamo di andare incontro a invidie. Siamo fuori dal mondo dell'hospitality di Venezia e intendiamo restarci. Noi, ad esempio, non accettiamo mance in nero. Le fatturiamo e le dividiamo. Così si fa squadra».

DALLA MODA ALL'HOSPITALITY

Gallo racconta di come all'inizio, in realtà, non avesse intenzione di occuparsi dell'albergo. «Doveva essere un'operazione puramente immobiliare, di acquisizione delle proprietà frazionate. Poi la storia di Ca' da Mosto ci ha affascinato: primo palazzo in pietra sul Canal Grande, primo fondaco, prima licenza alberghiera d'Europa... Tutto questo, unito al nostro amore per la città, a cui dobbiamo tanto, ci ha spinto ad impegnarci in prima persona. Sarebbe stato uno spreco dare questo palazzo a un gruppo straniero che ne avrebbe fatto l'ennesima enclave di lusso, fuori contesto».

Venduta la maggioranza della Golden Goose nel 2014, Gallo e Rinaldo hanno investito con altri soci locali in questa operazione. «Per salvare il palazzo e avviare una nuova idea di hospitality, che nel rispetto della tradizione, guardi alla Venezia più avanguardista» continua Gallo, che insiste su innovazione, Biennale, ma anche su contaminazione e apertura alla città. «Il pianoterra è concepito come luogo pubblico, dove l'ospite internazionale possa incontrarsi con il veneziano». Il fatto che la città stia perdendo i veneziani è un problema anche per l'imprenditore. «Va tenuto un focus - osserva - Certo, per edifici come questo, che di fatto sono monumenti, se non c'è un'iniziativa pubblica, servono interventi privati che per essere sostenibili devono fare business». Insomma alberghi. «Importante è che siano fatti da locali, come qui, che si punti alla qualità, all'inclusività». Lo spritz a 16 euro sul listino di Venice Venice non è da tutti. «Ma di giorno è a 5.50 - precisa sorridendo Gallo - Ci teniamo che vengano i veneziani». Si vedrà.

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