Il chioggiotto è una lingua antica: conserva tratti del veneziano del Cinquecento

Domenica 26 Febbraio 2023 di Alessandro Marzo Magno
Il chioggiotto è una lingua antica: conserva tratti del veneziano del Cinquecento

Renzo Cremona, appassionato ricercatore, ha compilato il primo volume della grammatica nell’idioma della città. «Tutti gli studi davano questa parlata, insieme al buranello, tra le più conservatrici. E questo ha molto interesse». Un lavoro durato molti anni consultando codici e documenti di archivio. «Completata un’opera di recupero».


Non una lingua, ma tante lingue venete, e il chioggiotto è una di queste.

Lo spiega Renzo Cremona, autore della prima "Grammatica chioggiotta" mai pubblicata (Il Leggio Libreria Editrice). Non una cosetta così: 1344 pagine, frutto di un lavoro di una decina d'anni. «Ho da sempre una grande passione per le lingue», afferma Cremona, «da parecchio tempo ho cominciato ad accostare la scrittura in italiano a quella bilingue o in dialetto. Ho scritto questa grammatica per amore del mezzo espressivo, il chioggiotto è la mia lingua. La lingua è una cosa veramente nostra, che ti fa sentire a casa. La lingua è il vero luogo che si abita, noi abitiamo la lingua che parliamo».


POLIEDRICO
In effetti Cremona le lingue le ha nel sangue: ha studiato cinese, mancese, neogreco, portoghese e georgiano, insegna cinese, ha tradotto in chioggiotto Italo Calvino, Primo Levi, Pie Paolo Pasolini, Bertolt Brecht e una quantità di autori che sarebbe lungo elencare. Due suoi lavori in chioggiotto "Fossa Clodia" e "Lingua Madre" si sono classificati primi in due diversi concorsi nazionali. «Tutti gli studi linguistici davano il buranello e il chioggiotto come le due parlate più conservatrici e tutto questo riveste molto interesse. Mentre scrivevo "Fossa Clodia" mi sono cominciato a domandare come si scrivessero alcune parole e così ho consultato il "Vocabolario del dialetto chioggiotto" di Riccardo Naccari e Giorgio Boscolo, pubblicato nel 1982. Abbiamo quindi l'ortografia normata dal vocabolario, anche se scrivere una lingua parlata mantiene qualche difficoltà. Si tratta di una situazione simile a quella in cui si sono trovate tutte le lingue nazionali prima di essere normate. Nella scrittura del dialetto è il caos totale perché finora ognuno scriveva come voleva, in maniera inconseguente. Ognuno scrive come pensa sia meglio».


IL CASO DELLA "L"
Quello che dice Cremona del chioggiotto è verificabile ogni giorno per quanto riguarda il veneziano: nonostante esistano i chiari esempi letterari di Carlo Goldoni e Giacinto Gallina, nonostante i linguisti (vedi Lorenzo Tomasin) dicano che la "elle evanescente" non vada pronunciata, ma debba sempre essere scritta, si assiste a un florilegio di grafie fantasiose per rendere la elle: qualcuno la sostituisce la "j", qualcuno con la "e", qualcun altro semplicemente non la scrive, così "frittella" si trova scritta "fritoja", "fritoea" o "fritoa" quando bisognerebbe semplicemente scrivere "fritola". «Normare la scrittura di un dialetto», prosegue Cremona, «serve a rinforzare la tradizione linguistica di una località, la consapevolezza della lingua che si adopera come pura espressione della comunità. Il chioggiotto risponde anche alla domanda: quale veneto? La risposta è che una lingua veneta non c'è. Ci sono tante lingue venete. Quello che si spaccia per lingua veneta è un dialetto dell'entroterra che prescinde dal litorale veneziano. Si registra un problema già segnalato con la quarta lingua svizzera, il retoromancio, una lingua codificata a tavolino che nessuno in realtà parlava ed era odiata un po' da tutti perché la sentivano estranea».


LA CANTILENA DI ROVIGNO
L'aver scritto la grammatica permette anche di individuare con precisione le aree dove il chioggiotto è parlato. «A Chioggia, Sottomarina, nell'entroterra, cioè Borgo San Giovanni, Conche, Valli di Chioggia, Sant'Anna e tutti i luoghi dove i chioggiotti sono andati ad abitare, come Rosolina, per esempio. Interessante poi che in Istria il dialetto di Rovigno abbia un accento abbastanza simile al chioggiotto, anche se non si registra una diretta affiliazione, ci sono somiglianze che derivano dal cosiddetto "veneto coloniale", cioè il dialetto veneziano d'importazione che ha soppiantato le parlate locali precedenti. Il primato culturale di Venezia, piaccia o non piaccia, esiste ed è ben vivo sia nell'ex stato da Mar, sia in terraferma, dove il veneziano ha preso il posto, per esempio, del pavano che si parlava a Padova». In effetti in Istria, così come in Dalmazia e a Trieste, si parlavano lingue differenti, fra tutte il dalmatico, lingua di Ragusa (Dubrovnik) e della Dalmazia, registrato e trascritto da Alberto Fortis nel suo "Viaggio in Dalmazia" e scomparso assieme all'ultimo parlante, Tuone Udaina, detto "Burbur", morto nell'isola di Veglia (Krk) nel 1898.


LA TRADIZIONE
L'antico veneziano del Cinquecento sopravvive oggi molto più nel chioggiotto che nel veneziano dei nostri giorni. Cremona ricorda che, quando andava alla ricerca delle antiche forme linguistiche alla Giudecca, si è sentito dire: «Parli come parlava mia nonna», perché fino ai primi decenni del Novecento erano rimaste in vita forme che in seguito si sono italianizzare. «Vuostu, astu, distu», osserva Cremona, «erano forme sia del veneziano, sia del padovano. Il condizionale in -ave è sopravvissuto a Chioggia e scomparso a Venezia, così come il participio passato in -ao. Ruzante l'aveva contratto in -o mentre adesso la tendenza è eliminare la o: andao che in Ruzante diventa andò e adesso si dice andà. I Vangeli erano stati tradotti in veneziano medievale e quella lingua ricorda molto il chioggiotto. Io però mi sono occupato di una lingua che è ancora molto viva. Gli esempi presi dalla parlata reale o da quella di mio nonno rimandano indietro al Quattro e al Cinquecento. Oggi il lessico è sempre più sgretolato e per metà italianizzato, comunque il dialetto di Chioggia è molto, molto vivo, anche se italianizzato. Alcune espressioni che usavano mia mamma e mio nonno oggi si sono perdute».


LA COMPILAZIONE
Il lavoro per compilare la grammatica è stato lungo e impegnativo. «Ho consultato manoscritti», precisa Cremona, «li ho confrontati con testi trovati un po' dappertutto, compresa eBay. Non esisteva niente di definito. C'erano alcuni abbozzi di grammatiche di non più di una decina di pagine e da lì sono partito. Oggi posso dire che non esistono altre grammatiche dedicate a un dialetto italiano di queste dimensioni. Ho consultato grammatiche del genovese, del napoletano di 100/150 pagine, non di più. Il veneziano ha il vocabolario del Boerio, un lavoro eccellente, comunque dell'Ottocento. Lo stato dei dialetti in generale non è buono, da noi come in generale in tutta Europa, dov'è in corso un processo di omologazione. Entro il XXI secolo una fetta di dialetti sarà defunta. L'italianizzazione non fa bene a nessun dialetto, ma, per fare un esempio parallelo, non possiamo dire che la lingua italiana stia male perché diciamo week end anziché fine settimana. Il chioggiotto, rispetto ad altri dialetti, anche veneti, è messo meglio; se togliamo la questione del lessico il nostro dialetto è ancora vivissimo. Nell'isola è ancora vivo e vitale. Il futuro dipenderà dalla consapevolezza. Oggi, per fortuna, non ci sono più politiche di soppressione come negli anni Quaranta o Cinquanta, quando si proibiva di parlare dialetto a scuola».

Ultimo aggiornamento: 16:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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