Teorema Venezia, la fuga dalla città
commuove il Canada /Foto-Video

Giovedì 10 Ottobre 2013 di Francesco Olivo
Una foto di scena
VENEZIA - “It’s so sad” dice la professoressa canadese, accanto a lei la sorella si asciuga anche qualche lacrima. Sono tristi perché hanno appena assistito alla sconfitta di Venezia, descritta senza sconti dal documentario Teorema Venezia, diretto dal regista austriaco Andreas Pichler, che dopo un lungo peregrinare è arrivato al Vancouver Film Festival, una rassegna ricchissima con uno sguardo particolare all’Europa.







Alle proiezioni sul Pacifico si sono presentati in tanti, lunghe file e accorati commenti finali. Curiosità iniziale e malinconia finale. L’opera, già presentata in Italia e in altri festival, racconta, infatti, del progressivo abbandono della città da parte dei suoi abitanti che, controvoglia, lasciano campo libero (e Campi liberi) alla mutazione genetica: da centro urbano, sebbene anomalo, a parco giochi globale.



I canadesi ascoltano increduli i racconti dei pochi che resistono alle masse del turismo feroce: la signora che si barrica tra i suoi libri “e a piazza San Marco ci vado di notte, quando i barbari se ne sono andati”, il vecchio gondoliere che ha ispirato Alberto Sordi e Dino Risi (“a questo punto muoio qui”), l’architetto che ammette la sconfitta (“siamo costretti ad accettare una situazione che non ci piace”) e il traslocatore che ogni giorno svuota case di veneziani che vanno sulla terra ferma, destino al quale non si sottrae neanche lui, visto che tanto “prima o poi vanno via tutti”.



A Vancouver sono sconvolti, qualcuno piange a dirotto, nel leggere la fosca previsione finale, quando subito prima dei titoli di coda si calcola che fra pochi anni di veneziani in città non ne resterà nemmeno uno. Un’esagerazione, certo, ma il trend è quello. E poi quelle navi, quei bestioni diventati d’attualità, ma che continuano a imperversare in laguna e che buca lo schermo come treno dei fratelli Lumiere. “Ma davvero possono circolare liberamente?” si chiede Sergey Bazov, emigrato nella British Columbia da quarant’anni.

Bisogna salvare Venezia, troviamo un modo”, dice Ashley Moore, quarantenne di Vancouver, che non si rassegna a perdere “una parte fondamentale della cultura occidentale”.



Più analitico Gary Gosthan, medico che da poco ha visto la laguna da turista, “il film esagera, ma certo noi andiamo a visitare Venezia perché è una città viva, non un museo all’aperto”. Chi non si rassegna è Deborah Vince, insegnante in pensione, cresciuta negli Stati Uniti: “Sono arrabbiata, perché i veneziani non si ribellano”. Un appello per la repubblica marinara, da un mare lontano, ma solidale.
Ultimo aggiornamento: 11 Ottobre, 23:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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