VENEZIA - L'inchiesta Mose, con le tangenti, i fondi neri, gli arresti e gli indagati eccellenti tra Veneto e Lombardia, è stata sottovalutata, secondo il grande accusatore Piergiorgio Baita (ex ad della Mantovani) perché «non è un caso locale. Tutto parte da Roma perché la salvaguardia di Venezia è un caso nazionale». Baita lo ha detto stamane uscendo dall'aula del Tribunale di Venezia, al termine del controesame del processo nel quale sono rimasti otto imputati, tra cui l'ex sindaco Giorgio Orsoni (finanziamento illecito), l'ex ministro Altero Matteoli, e l'ex presidente del Magistrato alle Acque Maria Giovanna Piva (entrambi per corruzione).
Così Baita, se da una parte ha confermato l'impianto accusatorio della Procura, ha anche alzato il tiro.
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