Guido Cadorin, gigante dell'arte che stregò anche il Vate D'Annunzio

Lunedì 21 Agosto 2017 di Alberto Toso Fei
(Illustrazione di Matteo Bergamelli)
Guido Cadorin fu molto più che un figlio d'arte. Non solo perché lui pittore e mosaicista (i fratelli Ettore e Romeo divennero invece scultori, la sorella Ida pittrice anch'essa) era l'undicesimo figlio di Vincenzo Cadorin e Matilde Rocchin, che nella casa-bottega veneziana di fondamenta Briati avevano dato vita a un laboratorio di scultura e intaglio del legno capace di dare lavoro a quaranta persone che oltre a partecipare alla Biennale fin dalla prima esposizione del 1895 aveva arricchito chiese, palazzi, case e lavorato anche per Gabriele D'Annunzio e la casa reale.

Fu molto più di un figlio d'arte perché la famiglia Cadorin e l'arte sono stati per secoli una cosa sola; trasferitisi a Venezia nel corso del Cinquecento da Pieve di Cadore (proprio come Tiziano), per almeno tre secoli i Cadorin furono un tutt'uno con la produzione artistica della città, alternandosi al lavoro nelle varie botteghe fino a ben oltre la caduta della Serenissima.

Fu proprio anzi Vincenzo, intagliatore ed ebanista formatosi all'Accademia di Belle Arti, a riprendere la linea storica familiare con la fondazione del suo atelier.

Guido Cadorin nacque il 6 giugno 1892, e fin da giovanissimo respirò l'aria importante di quegli anni: con la sorella Ida frequentò la casa di Mariano Fortuny, nella quale ebbe modo di conoscere l'arte orientale. Intorno al 1905 strinse amicizia con Guido Marussig e Amedeo Modigliani mentre il padre l'aveva già messo a bottega dal pittore Cesare Laurenti, esponente di quel Liberty molto in voga allora e ricevette la sua prima commissione artistica: la realizzazione di un biglietto d'invito per il Garage Marconi di Mestre (già progettato in stile secessionista dall'architetto Torres), al quale Cadorin infuse un inconfondibile gusto decò.

Nel 1909 espose le sue prime opere a Ca' Pesaro, e nel 1911 all'Internazionale di Roma. Da quel momento in poi fu un crescendo: Milano, Amsterdam, Rotterdam, New York, Bruxelles... dal 1928 insegnò all'Accademia di Belle Arti e nel 1936 ottenne la cattedra di pittura; nel frattempo, nel 1934, aveva avuto una parete alla Biennale di Venezia, dove aveva già esposto più volte, ben prima degli anni Venti.

Non fu un caso isolato: nel 1938 e nel 1942 ebbe un'intera sala dedicata alle sue opere, ma a quel punto la sua fama era già alle stelle: nel 1924 infatti Gabriele D'Annunzio gli aveva commissionato la decorazione della Zambra del Misello, ovvero la sua stanza da letto al Vittoriale.

Dopo la lunga stagione delle Biennali Guido Cadorin (che non si era fatto mancare una collaborazione con Venini a Murano) iniziò a dedicarsi ai temi del lavoro. Su questa scia nel 1953 compose un grande mosaico per caratterizzare gli ambienti delle Poste centrali di Mestre.

Assieme alla moglie Livia Tivoli (anch'essa pittrice, sposata nel 1917 e modella di alcuni fra i suoi dipinti più importanti), che gli darà la figlia Ida a sua volta pittrice e compagna dell'artista Zoran Music non disdegnerà mai la frequentazione di altri artisti, dai pittori veneziani Nono, Ciardi, Favretto fino a Kokoschka, ma anche Malipiero o Pirandello.

Un giorno, mentre era con il celebre frate musicista ed esorcista Pellegrino Ernetti, raccontò di un sogno in cui Tiziano gli era apparso suggerendogli una musica, che il religioso prontamente trascrisse. Morì a Venezia il 18 agosto 1976. La figlia Ida continuerà a ricordare a lungo una frase del padre: soprattutto, non fate gli artisti: è una cosa spaventosa!
Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 10:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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