Costretta a prostituirsi per pagarsi "il viaggio della speranza" dalla Nigeria a Padova, donna salvata dalla tratta

Grazie al progetto Navigare della Regione ottiene dal Tribunale lo status di rifugiata

Lunedì 12 Giugno 2023 di Angela Pederiva
Costretta a prostituirsi per pagarsi "il viaggio della speranza" dalla Nigeria a Padova, donna salvata dalla tratta

PADOVA - A segnare la sua vita sono state due sorelle che si chiamano Blessing e Miracle. Ma queste “madame” per lei non hanno avuto né benedizioni né miracoli: solo minacce, sopraffazione, violenze. Una giovane nigeriana è stata costretta a prostituirsi per anni, prima in Libia e poi a Padova, fra stupri e gravidanze, per saldare il debito contratto con un viaggio della speranza diventato un’odissea di terrore, finché è stata salvata dal programma Navigare della Regione e ha ottenuto dal Tribunale di Venezia il riconoscimento dello status di rifugiata.

Il racconto

Rilanciato dal progetto Melting Pot, il decreto della Sezione specializzata in materia di immigrazione riepiloga la vicenda ambientata nell’Ondo State, una delle aree maggiormente interessate dalla tratta delle donne. Secondo il racconto della 31enne, ricostruito dai giudici al netto delle bugie dette «con l’intento di coprire i nomi e le persone delle quali era ancora effettivamente succube», l’antefatto è una situazione di disagio e povertà. Forzata dalla zia alla convivenza con un anziano, dal quale ha due figli e che in seguito muore, la ragazza conosce una certa Blessing, che le propone di raggiungere la sorella Miracle in Italia per lavorare, la sottopone a un giuramento rituale e si offre di pagarle l’espatrio. 
È l’inizio di un lungo incubo attraverso la Libia: la donna viene costretta a prostituirsi in una “connection house”, violentata a Tripoli dal suo sfruttatore e rapita a Suprata da un gruppo dei criminali Asma Boys, che a loro volta la sottopongono a violenze e vessazioni, finché finisce a lavorare nella fattoria di un uomo che abusa di lei e la mette incinta.

La nigeriana arriva a Padova nella primavera del 2017, ma viene ben presto contattata da Blessing al telefono e da Miracle alla stazione, apprendendo che il suo debito non è più di 3.000 bensì di 30.000 euro, che deve saldare vendendo il proprio corpo. La giovane si rifiuta, ma viene picchiata e violentata da alcuni uomini mandati dalla “madame”. Dallo stupro nasce una bimba, però lei deve continuare ad obbedire, date le minacce anche nei confronti dei figli e della madre rimasti in patria.

Il ricorso

A marzo del 2021 continuano le intimidazioni da parte di Miracle, ma nel frattempo avviene il miracolo: la donna incontra gli operatori del progetto Nave, all’epoca coordinato dal Comune di Venezia e successivamente diventato Navigare sotto l’egida della Regione Veneto, il quale le garantisce casa, lavoro, assistenza sanitaria e legale. La 31enne presenta domanda di protezione internazionale, che tuttavia viene respinta dalla Commissione territoriale di Padova, a cause di alcune contraddizioni nella narrazione dei fatti.
A quel punto scatta il ricorso con il patrocinio dell’avvocato Eva Vigato, in collaborazione con la collega Lucia Carrara. Anche il Tribunale di Venezia reputa «parzialmente inattendibile il racconto proposto», ma precisa che le incongruenze non devono sorprendere in storie come questa. Puntualizzano i giudici Maddalena Bassi, Lisa Castagna e Alice Zorzi: «Momento cruciale al fine di riconoscere adeguata protezione alle vittime di tratta è quello della loro identificazione. Si tratta di un procedimento che a volte può rilevarsi complesso e talvolta molto lungo a causa della frequente resistenza delle vittime stesse – per timore, pudore, scarsa fiducia nelle autorità – di raccontare in tutto o in parte i fatti di cui sono state loro malgrado protagoniste». Così le viene riconosciuto lo status di rifugiata, per «la persecuzione relativa al sesso», in quanto donna che rischia di subire soprusi.

Ultimo aggiornamento: 07:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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