Il titolare del locale in cui è stata aggredita una ragazza: «Cinesi e bengalesi hanno le loro ronde per tenere a bada i molesti»

Venerdì 4 Agosto 2023 di Giulia Zennaro
MESTRE Ernesto Rosapepe, titolare del coffee Break in cui è avvenuta un'aggressione mercoledì

MESTRE - Cambia il giorno ma non cambiano le facce degli spacciatori e dei tossici che frequentano il quartiere Piave. Tra loro c’è anche quello che mercoledì pomeriggio ha aggredito una giovane dipendente del Coffee Break, di nuovo libero di scorrazzare con i suoi “compagni di buco”. 
Lo si vede passare in gruppo davanti al locale, mentre Ernesto Rosapepe, titolare del bar, torna su quanto avvenuto e lancia la provocazione: «ricorriamo ai nigeriani, padroni dello spaccio mestrino, per “ripulire” il quartiere dagli elementi che disturbano, molestano e impediscono di lavorare». 
 

Rosapepe, cosa intende?
«La mia è una provocazione ma fino a un certo punto. So che in città ci sono già gruppi organizzati di cittadini cinesi e bengalesi, ragazzi giovani, che pattugliano le strade di sera e, se trovano qualche spacciatore o tossico molesto, gli danno una lezione. Molti commercianti stranieri sono d’accordo con questo approccio, anche se poi sono i primi a non cacciare le persone moleste dai loro locali perché non vogliono guai. Ma così perdi la clientela onesta, ti rovini la reputazione e devi comunque ricorrere alle ronde notturne».
 

Gli stranieri in città sono esasperati quanto gli italiani?
«Certo, lavorano anche loro. Diciamo che, rispetto ai commercianti e ai residenti italiani, hanno meno da perdere e si fanno meno problemi a organizzarsi autonomamente per andare a dare una lezione a chi crea disagio. Molti sono soli, non hanno famiglia, sanno che potrebbero tranquillamente andare in un altro paese e si dicono “ma che cosa ho da perdere?”. L’italiano, invece, ha tutto da perdere a essere “beccato” a fare il giustiziere e quindi, per adesso, del famoso gruppo di quaranta persone che volevano fare le ronde notturne ancora non si è fatto niente». 
 

C’erano davvero quaranta italiani pronti a scendere in strada per farsi giustizia da soli? 
«Si parla tanto ma non si fa niente.

Io, personalmente, preferirei rivolgermi alla NSS, Nigerian Security Street”. Un neologismo bizzarro per un concetto semplice che so che rischia di diventare “mafioso”: i nigeriani sono i padroni dello spaccio a Mestre. Lo sa la polizia, lo sanno i marocchini, i tunisini e tutti gli altri. Ecco, vede quei tre?».

Rosapepe indica un gruppetto di ragazzi col cappellino, che pattuglia via Piave, avanti e indietro.

«Quelli li conosco, sono spacciatori. Alcuni hanno anche famiglia, moglie e figli, vivono anche loro nel quartiere e sono regolari in Italia. Sono molto professionali: non importunano le persone, non sono arroganti, non provocano, se gli chiedi di spacciare da un’altra parte se ne vanno, lavorano persino su turni. Sono rimasto sbigottito quando uno, una volta, mi ha detto che il suo turno finiva alle 20: mai sentito di spacciatori che lavorano su turni. Magari, se gli offrissero un lavoro onesto e in regola, lo accetterebbero, anche se guadagnano di sicuro di più spacciando». 
 

E lei metterebbe la sicurezza del suo locale in mano a questa gente? 
«Che alternativa abbiamo? Le istituzioni non ci aiutano, la politica è assente, carabinieri e polizia stazionano in giro ma hanno le mani legate: possono solo fermare chi delinque e fargli una lavata di capo. Poi li rilasciano. Purtroppo, so che sto dicendo una cosa forte, lo Stato si sveglia solo quando viene toccato personalmente: lo abbiamo visto con gli anni di piombo e il terrorismo, lì sono stati rapidissimi a intervenire per tutelarsi. Qui ci deve scappare il morto prima che si faccia qualcosa». 
 

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Ultimo aggiornamento: 17:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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