«Io sarta costretta a chiudere non per crisi, ma per troppo lavoro», la storia di Margherita che abbassa la saracinesca dopo due anni in calle de l'Aseo

Mercoledì 7 Febbraio 2024 di Tomaso Borzomì
«Io sarta costretta a chiudere non per crisi, ma per troppo lavoro», la storia di Margherita che abbassa la saracinesca dopo due anni in calle de l'Aseo

VENEZIA - Fare il mestiere del sarto è sempre più difficile. Un po' i costi legati alla bottega, un po' il mercato, con la moda mordi e fuggi che spesso nel breve periodo fa risparmiare rispetto a una riparazione, ma a quale prezzo per l'ambiente non si sa. Certo è che trovare una persona disposta a rammendare a prezzi competitivi è diventato sempre più complesso. E così anche Margherita Viel ha appeso, per modo di dire, l'ago al chiodo, abbassando la saracinesca che per due anni è stata aperta in calle de l'Aseo a Cannaregio.

A novembre ha detto basta, ma non a causa dei costi, il motivo sta invece nel poter convogliare le proprie energie nel solo lavoro: «Ho chiuso a novembre, gli affari andavano, i clienti erano tanti, in alcune giornate arrivavo a prendere anche una trentina di lavori. Però poi bisognava farli. E tra il negozio, i clienti e tutto, diventava difficile conciliare le varie esigenze». Forse l'errore non è venuto da lei, perché bisogna pur arrivare a fine mese.

NIENTE RIMPIANTI

«Mi sono chiesta più volte dove sbagliassi, forse servivano più persone, con una di loro dedicata alla clientela. Però se ci si pensa bene, è difficile vedere un ciabattino o un sarto ricco. Che si arranchi è forse nella natura del mestiere». La scelta di dire addio al negozio, comunque, non crea grandi rimpianti: «Forse la cosa che mi manca di più è il contatto con le persone che erano carine con me, avevo un affitto normale, distante da quelli che si sentono sparare in città, ma a ben vedere anche le figure di sarto o sarta sono rimaste poche». C'è infatti il cinese che lavora a San Marco, l'afghano in zona Cannaregio, però, vuoi per una ragione, vuoi per l'altra, in città stanno sparendo anche questi mestieri: «I negozi di tessuti mi pare offrano servizi di sartoria, che è un bel mestiere». E infatti Viel si illumina quando spiega cosa le piace di più di ago e filo: «Far tornare utilizzabile una cosa rotta è bellissimo, rendi sostenibile un prodotto che magari è vecchio. Al contrario, invece, non è sostenibile il lavoro, perché alle volte riparare un oggetto costa di più che comprarlo nuovo, per sopravvivere il prezzo dovrebbe essere più alto, ma non tutti potrebbero permetterselo». C'è poi la componente artistica: «La soddisfazione è anche nel lavoro creativo e nella riuscita della riparazione». Ora che non ha più il negozio, Viel ha mantenuto però la partita Iva: «Qualche lavoretto lo faccio comunque, su appuntamento posso concentrarmi meglio e poi posso lavorare anche per gli eventi pubblici o privati, collaborando anche con il mondo del cinema o del teatro, mi permettono di esprimere la creatività».

Ultimo aggiornamento: 9 Febbraio, 12:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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