Borse Vip copiate ma senza marchio: negoziante cinese assolto. «Non è contraffazione»

Domenica 18 Febbraio 2024 di Michele Fullin
Borse Vip copiate ma senza marchio: negoziante cinese assolto. «Non è contraffazione»

VENEZIA Erano ben fatte, per carità, ma non potevano certo indurre in errore il cliente facendogli credere di aver acquistato una prestigiosa borsa “Falabella” della maison di Stella McCartney. Borse, peraltro, vendute solitamente attorno ai mille euro nei circuiti ufficiali.
È così che un commerciante quarantenne di origine cinese, da danni residente a Venezia, è stato assolto in Tribunale dall’accusa di contraffazione, con tanto di sentenza passata in giudicato e restituzione della merce sequestrata.

Un procedimento durato ben otto anni, tra le lungaggini ormai endemiche della giustizia italiana e i ripetuti cambi di magistrati di riferimento, sia da parte inquirente che giudicante. La determinazione della difesa, però, è stata premiata, visto che di assoluzioni e dissequestri per questo genere di reato ce ne sono pochi.


NON C’È PROVA
Per il giudice monocratico del Tribunale di Venezia Giulia Caucci, non è stata raggiunta la prova della contraffazione perché la consulenza tecnica si è limitata “a rappresentare che le borse riproducono il design della nota borsa “Falabella” tutelato in Italia da modelli comunitari. Non vi sono tuttavia indicazioni più precise intorno alla qualità di tale falsificazione”. Inoltre “non è riportato il fatto che sia riprodotto anche il marchio Stella McCartney, né vi sono fotografie che consentano di apprezzare la perfetta coincidenza con il modello originale”.
In effetti, a quanto pare non c’era nessun marchio né la borsa veniva venduta come un modello di alta moda, ma come un accessorio di pelletteria al prezzo di circa 100 euro. Un decimo rispetto al presunto originale.
Inoltre, la bottega in cui queste borse venivano vendute si trova in una zona di passaggio, ma non certo nell’area dell’alta moda collocata attorno a piazza San Marco.
«È un caso emblematico - spiega il difensore del commerciante, l’avvocato veneziano Jacopo Molina - perché è pacifico che non si sia formata neppure la prova nonostante una lunga istruttoria. In questo caso specifico, poi, Stella McCartney Italia non si è neppure costituita a giudizio. Il venditore non produceva queste borse e non le acquistava come merce griffata. Insomma, sarebbe stato impossibile indurre in equivoco il cliente».


L’ISPEZIONE
La vicenda ha avuto origine del 2015 quando la guardia di finanza aveva fatto visita al negozio e sequestrato 26 borse che si ritenevano contraffatte. Borse in ecopelle caratterizzate da una catenella metallica che parte dal fondo e diventa poi il manico stesso. Insomma, un modello, se vogliamo abbastanza riconoscibile. Era stato per questo motivo che probabilmente qualche ispettore delle case di moda aveva inviato una segnalazione per sospetta contraffazione di marchio.
Questo reato, fino ai primi anni Duemila era abbastanza diffuso a Venezia proprio perché i venditori di strada senegalesi vendevano una gran quantità di borse di varie case di moda. Quelle sì contraffatte anche nel marchio distintivo. Poi, dopo tanti sequestri e processi, quegli stessi venditori si erano votati alle “volgari imitazioni” che prevedevano solamente un’azione amministrativa e non penale, che avrebbe potuto influire sul loro permesso di soggiorno.
La presenza di un marchio imitato è, secondo la Cassazione, elemento sufficiente per configurare la contraffazione.
Proprio per questo il giudice ha ritenuto che “a fronte di tali scarni elementi (che al più potrebbero far pensare ad un’imitazione ispirata al modello originale) il dato dell’effettiva contraffazione di marchio non può ritenersi provato oltre ogni ragionevole dubbio, non potendosi affermare con certezza che la merce in questione fosse tale da ingannare la fede pubblica circa l’autenticità dei prodotti”.
 

Ultimo aggiornamento: 08:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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