Biennale di Venezia. L'arte secondo Achille Bonito Oliva

Venerdì 22 Aprile 2022 di Federica Repetto
Achille Bonito Oliva

L'arte secondo Achille Bonito Oliva, critico d'arte, accademico e saggista italiano, si muove in mille direzioni, performance, pittura, scultura. Negli anni '80 ha teorizzato la transavaguardia, la capacità di muoversi su diverse strade in diversi modi. Le mostre sono diventate la sua messa in prosa e le opere hanno preso il posto delle parole. Con ironica antipatia ha sempre detto che “l’artista è un errore biologico, il mio nemico più intimo”. Ma cosa significa fare arte nell'epoca del post Covid? «L'arte – commenta Achille Bonito Oliva mentre era in visita alla 59. Esposizione Internazionale d'Arte e si trovava al Padiglione Centrale ai Giardini - non ha nessuna funzione né di guarigione e né di sviluppare malattie mentali nel fruitore. Quello che è interessante dell'arte è proprio la sua felice inutilità, il che implica però anche l'affermazione di una libertà che l'artista preme in quanto fa un qualcosa che non ha utilità. Questo è molto interessante e molto anti occidentale». Il lavoro del critico serve a intercettare l'attenzione che manca, per rendere presente il passato e sospingere sotto gli occhi di tutti ciò che l'artista ha prodotto. Achille Bonito Oliva nel 1993 aveva bucato la territorialità dei padiglioni, dialogando con i commissari e innestando Nam June Paik nel padiglione tedesco, Joseph Kosuth in quello ungherese. Attraverso un progetto di 12 mostre che invadevano tutta la città di Venezia ha dato luogo a un vero e proprio nomadismo per lo spettatore che circolava in città che ha sempre considerato “la Repubblica delle Arti”. La sua Biennale era multimediale, transnazionale e multiculturale. Implicava presenze che andavano da Almodóvar a Wenders, Greenaway. «Ho diretto la Biennale del '93 – aggiunge - e voglio molto bene a Venezia e alla Biennale.

La Biennale è interessante nella sua intenzione plurisecolare. Più che avere una funzione, visto che ho detto che nessuna forma d'arte non ne ha, quello che è certo un felice inutile appuntamento. Dico inutile nel senso più sorprendente della parola, in quanto si è rassegnati e pronti a ricevere».

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Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 10:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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