Fiumi di droga in carcere: tra gli indagati un'avvocata, era la galoppina dell'organizzazione

Giovedì 11 Gennaio 2024 di Marco Aldighieri
Il carcere Due Palazzi di Padova

PADOVA - Fiumi di hashish e cocaina hanno invaso la casa di reclusione Due Palazzi. In otto, tra cui una avvocata del foro di Udine, sono stati iscritti nel registro degli indagati perchè accusati a vario titolo di spaccio di sostanze stupefacenti e di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
In una cella gli inquirenti, dopo avere smantellato dalle pareti i battiscopa utilizzati come nascondiglio, hanno trovato e sequestrato chiavette Usb e personal computer.

Il pubblico ministero Benedetto Roberti, titolare delle indagini, ha chiuso il fascicolo e ora gli otto finiti nei guai rischiano il processo.

IL MECCANISMO
A capo dell'organizzazione, secondo l'accusa, ci sarebbe stato Alex Gianduzzo, 46 anni di San Donà di Piave, condannato all'ergastolo per avere freddato a Ceggia, nel 2003, due albanesi che gli avevano appena venduto una grossa partita di droga. Gianduzzo, dopo l'indagine condotta dalla polizia penitenziaria, è stato trasferito nella casa di reclusione di Viterbo. Il 46enne, per fare entrare la droga nel penitenziario, tra l'ottobre del 2021 e il novembre del 2022, ha utilizzato due persone: la sua avvocata Susan Di Biagio, 47 anni di Udine, e suo figlio Thomas Gianduzzo, 26 anni anche lui di San Donà Di Piave. Sempre secondo l'accusa Di Biagio, legata sentimentalmente al detenuto Francesco Venturi, 53enne di Udine indagato pure lui e ora trasferito nel carcere di Alessandria, avrebbe portato all'interno del penitenziario la sostanza stupefacente. Gli agenti infatti non perquisiscono i legali in visita ai loro assistiti in carcere. Insomma, il galoppino ideale per non essere "pizzicati". Di Biagio, detta "Bibi", è finita in manette, ma l'arresto non è stato convalidato ed è tornata libera.
Il figlio Thomas invece, è stato arrestato nel novembre del 2022, quando in casa gli hanno trovato 5 etti di hashish. Il 26enne, ancora per l'accusa, avrebbe utilizzato la sua abitazione come deposito per la droga. Gli inquirenti hanno perquisito anche una serie di appartamenti di persone vicine ai detenuti Gianduzzo e Venturi detto "Ciccio". Ma la scoperta più eclatante, da parte del Nucleo investigativo della polizia penitenziaria, è venuta da una cella. Qui, all'interno dei battiscopa lungo il muro, gli investigatori dopo avere demolito parte delle pareti hanno trovato e sequestrato chiavette Usb e personal computer. Gli spacciatori contattavano i complici all'esterno del Due Palazzi, comunicando attraverso Skype. In particolare Gianduzzo, utilizzava lo pseudonimo "Michaela Sanchez" per colloquiare con i suoi sodali. La droga veniva venduta ai detenuti in cambio di pagamenti attraverso versamenti in carte Postepay, Moneygram o Western Union intestate a parenti o persone compiacenti. Secondo la procura, sarebbe stato organizzato un vasto giro che si riforniva direttamente dal Sudamerica e, attraverso l'Ecuador, la droga arrivava in Italia per il tramite di corrieri locali e anche albanesi, che poi provvedevano a distribuirla. In Ecuador la figura di riferimento, sempre per l'accusa, sarebbe stata l'attuale compagna di Gianduzzo riconosciuta come trafficante internazionale di cocaina.

LA TECNOLOGIA
La polizia penitenziaria, dopo avere sequestrato chiavette Usb e pc, ha anche trovato in altre celle telefoni cellulari, auricolari, un adattatore Usb e una pen-drive. Ma anche un modem, una Sim e un hard disk. L'indagine, in un primo momento, era stata avviata dalla Dda di Venezia e poi è passata alla Procura di Padova.

GLI ALTRI
Nei guai è finito anche Giuliano Napoli, 35 anni, già trasferito al carcere di Parma. Poi Francesco Napoli, 36 anni residente a Camisano Vicentino. Giuseppe Prostamo, 34 anni di Vibo Valentia, ora nella casa di reclusione di Voghera. Infine il marocchino Abderrahman Kendila, 54 anni ancora al Due Palazzi. Proprio il nordafricano e Prostamo, secondo l'accusa, erano gli addetti ai mezzi di comunicazione informatici. L'organizzazione contava su di loro per tenere i rapporti con i complici all'esterno del penitenziario. E infatti gli inquirenti all'interno della loro celle hanno trovato occultato e poi sequestrato cellulari, pc, chiavette Usb e schede Sim.
 

Ultimo aggiornamento: 08:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci