Virale sui social, il coro Anton di Treviso canta l'inclusione con la lingua dei segni e diventa un fenomeno del web

Giovedì 1 Giugno 2023 di Redazione web
il coro Anton di Treviso canta l'inclusione con il linguaggio dei segni e diventa un fenomeno del web

TREVISO - "Ballo dell'accessibilità", una canzone sull'inclusione "cantata" con la lingua dei segni italiano (LIS) celebra l'inclusione e diventa virale. Una produzione del Coro Anton di Treviso, un gruppo di persone accomunate dalla volontà di accogliere e comprendere le sfide delle persone con disabilità. Il loro ultimo video, in cui il coro si esibisce mimando la parola “accessibilità” nella lingua dei segni italiano (LIS) è diventato virale, diffondendosi rapidamente sui social.

Il coro nato dall'appello di un papà

La storia del Coro Anton inizia con l'appello di Carlo Mussi, padre di Anton, un bambino (ora ventenne) adottato dalla Russia affetto dalla distrofia muscolare di Duchenne. Carlo, un chitarrista autodidatta, insieme ad un insegnante che ha condiviso le prove della vita, ha deciso di formare il Coro Anton, avvicinando persone che hanno sentito nel profondo il desiderio di accogliere e condividere le esperienze del prossimo. L'impegno del Coro Anton si è tradotto, per raccogliere fondi per la ricerca, nella creazione di un album intitolato “Come dentro l'infinito”, interamente devoluto all'associazione Parent Project Aps che sostiene la ricerca scientifica per trovare una cura alla distrofia muscolare di Duchenne e Becker e al suo interno si trova la canzone che sta attirando l'attenzione di tutti: “Ballo dell’accessibilità”. Questo brano è nato dopo un episodio in cui Carlo stava prenotando un albergo per trascorrere le vacanze con la sua famiglia. Al momento di chiedere se vi fossero barriere architettoniche, ha ricevuto una risposta che ha scosso profondamente le sue emozioni: “cosa intende per accessibile?” si è sentito rispondere dall’altro capo del telefono.

Il brano virale

La canzone “Ballo dell’accessibilità” riflette il desiderio di sensibilizzare e superare le barriere invisibili che spesso si frappongono tra le persone con disabilità e la società. La melodia coinvolgente e le parole toccanti mostrano il talento musicale e la capacità di comunicazione del Coro Anton, mentre il video in cui si esibiscono in LIS per la parola “accessibilità” ha toccato il cuore di molti dimostrando che il linguaggio utilizzato dalle persone mute può essere uno strumento potente per abbattere le barriere comunicative e favorire una maggiore comprensione tra le persone. A fare da “maestra” di LIS Raffaella, mamma di una ragazza affetta da sordomutismo e corista del gruppo. «Anton è in carrozzina dall’età di 13 anni - commenta Carlo Mussi che è anche presidente del Coro - Come accade per questa malattia, avendo perso progressivamente la forza muscolare, ora dovrà sottoporsi a un lungo e rischioso intervento alla schiena di 10 ore. Nonostante tutto, Anton sta bene. È un ragazzo solare, il sole della nostra famiglia, colui che ci spinge ad andare avanti. Desidero esprimere la mia profonda gratitudine a Ilario, il nostro primo maestro, e a tutti i ragazzi che fanno parte del coro. La loro dedizione nel portare avanti il messaggio di accoglienza e comprensione, soprattutto verso le persone con disabilità, è un dono prezioso per la nostra società.

Con la nostra musica vogliamo ricordare che la diversità è una ricchezza e che le sfide che affrontiamo possono essere superate con il potere dell'amore e dell'unità».

Il coro

Elena, 32 anni, di Mogliano, corista e mamma di due bambini, ha scoperto la malattia di suo figlio solo l’anno scorso. «La mia partecipazione al Coro Anton è un modo per diffondere consapevolezza e sostenere la ricerca, perché so quanto sia importante per le famiglie che affrontano questa malattia. Abbiamo scoperto la malattia di nostro figlio quando aveva 5 anni ed aveva difficoltà a salire le scale. Il suo camminare e correre erano scoordinati. Tutti questi campanelli d'allarme, uniti agli esami genetici, hanno portato alla diagnosi di distrofia di Duchenne. È stato un fulmine a ciel sereno; un'esperienza sconvolgente soprattutto perché ho scoperto in seguito di essere portatrice sana della malattia - dice Elena - Dopo il momento iniziale di choc, mio marito ed io abbiamo iniziato a pensare a come poter aiutare nostro figlio. Abbiamo deciso di concentrarci concretamente su come accelerare la ricerca, perché sappiamo che la ricerca è l'unica cosa che può veramente cambiare la vita dei nostri figli. Solo quando si vive questa esperienza ci si rende conto fino in fondo della sua importanza. Nel nostro caso, ad esempio, grazie alla diagnosi precoce, nostro figlio ha potuto iniziare immediatamente a prendere un farmaco che può rallentare il decorso della patologia. Questa opportunità è stata resa possibile solo grazie a coloro che si sono dedicati alla ricerca negli ultimi dieci anni».

Video

Ultimo aggiornamento: 2 Giugno, 08:45 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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