TREVISO - Una telefonata carica di ansia e bugie, un incontro fatto di domande angosciose e risposte reticenti, uno scambio di sguardi che non ha avuto bisogno di parole. Sono stati tre i contatti fra la madre di Irina e l'assassino della ragazza, nei tre giorni seguiti alla morte della 20enne, quando mamma Gàlina ancora non sapeva che era stato Mihail ad ucciderla. Circostanze riferite dalla donna, che danno tutto il senso della tragedia nella tragedia: la scoperta che era stato proprio quello studente suo connazionale, un tempo così innamorato di sua figlia, ad ammazzare lei e il bimbo che portava in grembo.
Il primo avvicinamento fra Gàlina Bacal e Mihail Savciuc avviene lunedì 20 marzo. Poche ore prima il 19enne ha assassinato Irina, così sta tentando di depistare le indagini, che peraltro in quel momento non sono ancora partite (solo l'indomani mattina, infatti, la madre andrà in commissariato a segnalare la scomparsa della giovane). In quel momento, invece, la donna non sa nulla. È l'ex fidanzato di sua figlia a chiamarla sul cellulare per farle confusamente sapere che la cameriera «è andata via». Sono le ore in cui lo studente manda dei messaggini al telefonino di Irina, di cui in realtà si è impossessato per andarlo a vendere, fingendo di essere preoccupato per il suo silenzio. Allo stesso modo Mihail recita la parte con Gàlina, insinuando che la 20enne sia «in giro con un albanese», con il quale sarebbe stata «a Ponte della Priula» secondo quanto accertato da una presunta geolocalizzazione di Facebook...
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