Parrucchieri ed estetiste: «Un altro mese di chiusura e per noi sarà la fine»

Martedì 28 Aprile 2020 di Elena Filini - Annalisa Fregonese
parrucchieri ed estetiste sul piede di guerra
 TREVISO Proroga chiusura fino al primo giugno per 2700 attività e 5000 lavoratori: acconciatori ed estetisti trevigiani annichiliti dalla decisione del Governo. «Presidente Conte, la mia è una supplica. Serve riaprire. Nel rispetto delle regole. Serve generare fiducia, prima che venga smarrita per sempre. Un altro mese e per noi sarà la fine. Ci aiuti». Antonella Padoan ha costruito con passione e dedizione il sogno, un salone di bellezza a Conegliano. Ha lavorato, pagato le tasse, assunto in regola. Ma il coronavirus la sta mandando in rovina. Così domenica notte, dopo la conferenza stampa del Premier ha deciso di scrivere. «Lei non ci sta chiedendo di tener chiuso. Ma di chiudere. Un’azienda su tre non è in grado di reggere l’impatto di un altro mese senza incassi. Con i 600 euro del bonus noi copriamo un giorno di lavoro».
LE AZIONI
La lettera della parrucchiera al Primo ministro è solo una delle numerose azioni di contrasto e protesta che stanno attraversando la Marca. «Siamo allibiti. E’ una decisione incomprensibile. Che, alla fine, incentiverà il lavoro nero. Quello più pericoloso per il contagio». E le poteste di piazza non si sono fatte attendere: in altre province gli acconciatori si sono incatenati all’ingresso del negozio, a Oderzo stanno pensando di consegnare le chiavi in Municipio, a Treviso assicurano che apriranno ugualmente il 4 maggio in segno di protesta. Sui social sta diventando virale la campagna #iodicobasta mentre a livello provinciale si è iniziata la raccolta firme per una petizione da inviare a Roma. In enorme difficoltà anche le estetiste. «Non mi vergogno di dire che alcune clienti mi hanno fatto un bonifico di 50 euro perchè non so come dare da mangiare a mio figlio». Nessuno chiede aiuti o sostegno a fondo perduto. «Noi vogliamo solo poter lavorare» chiariscono netti. Parrucchiere ed estetiste dell’opitergino-mottense si stanno organizzando per portare le chiavi dei loro negozi ai rispettivi sindaci. «Non è possibile continuare così, tenendo chiuso oltre un altro mese – dice la referente Paola Nespolo -. C’è il rischio concreto che molti non riaprano più. Sappiamo che i nostri sindaci non sono responsabili di questo stato di cose, dato che le indicazioni arrivano dal Governo. Nel contempo però siamo convinti che i primi cittadini possano farsi portavoce della nostra protesta». Il gruppo è formato da una trentina di operatori ed è destinato a crescere. «Siamo stremati, arrabbiati e delusi. Chi detta le norme forse non ha ben chiaro come funziona il nostro lavoro. Il cliente è da sempre al centro della nostra attenzione. Non siamo degli sprovveduti. Abbiamo studiato di introdurre misure aggiuntive, malgrado il forte aumento dei prezzi dei dispositivi di protezione. Siamo pronti a riprendere a lavorare con le dovute cautele».
IL PRESIDENTE
Gianantonio Papa, presidente acconciatori della provincia di Treviso, dà voce ai 1500 saloni dislocati nella Marca. «Il telefono ha cominciato a squillare dalle 21 domenica sera. La gente è in ginocchio. E il Governo non capisce che in questo modo prolifererà solo il mercato nero». Sulle aperture il 4 maggio è cauto. “Insieme alle dimostrazioni e alle proteste di piazza io sono convinto che si debba fare pressione a livello di categoria. Confartigianato regionale ha subito ieri sera chiesto un confronto con il Governo”. Papa spiega inoltre che, oltre al dissesto economico di molte attività, emerge sempre più su larga scala la piaga dell’abusivismo. “Abbiamo già segnalato numerosi episodi. Ma questi casi sono in aumento esponenziale. Il problema è che lavorare così, non rispettando sanificazioni e norme è pericolosissimo. Quindi si rischia di incentivare la diffusione del virus”. Duro anche Vincenzo Dal Zilio, referente regionale Casartigiani. «Da settimane registro l’insofferenza e i timori di decine di parrucchieri ed estetiste. Alcuni di loro non ce la faranno a riaprire. In queste ore ci stiamo confrontando con le altre associazioni artigiane per intervenire insieme, e ottenere che sia sanata questa incomprensibile disparità di trattamento». Scontero espresso anche da Alfonso Lorenzetto, presidente di CNA territoriale di Treviso. «Desta sconcerto e rabbia il fatto che nel Dpcm del 26 aprile non si faccia alcuna menzione a una possibile data di riapertura delle imprese di acconciatura ed estetica. Rappresenta una condanna a morte per l’intero settore con il rischio di chiusura di un’attività su tre e con nuova linfa per l’abusivismo». Piega, colore ma anche unghie e massaggi. Tutto in casa. Un fenomeno che sta assumendo contorni preoccupanti. “Lo fanno in tantissime, ma come giudicare? Io sono ferma da tre mesi. Al mese guadagnavo circa 3000 euro. Ora devo chiedere al mio compagno i soldi per fare la spesa”. Luisa S. collabora con diversi centri estetici. E ovviamente ha perso tutto. “Vivo in Italia da 20 anni non ho mai chiesto un centesimo. Io voglio solo poter lavorare”. Luisa ha creato con una ventina di colleghe della provincia di Treviso una chat di mutuo soccorso. “Ci sono situazioni durissime: una collega, ragazza madre,vive dei bonifici di 50 euro delle clienti, un’amica parrucchiera per mantenere due figli e un marito senza stipendio ha dovuto rivolgersi al padre pensionato”. Luisa S. si è rifiutata di lavorare in nero. “Non è giusto e non lo faccio. Anche perchè è pericoloso. Però così ci stanno mettendo con le spalle al muro”. La rabbia corre sui social. E c’è chi inneggia alla disobbedienza. “Cerco una che abbia un negozio, non un’abusiva a prescindere...una che ha voglia di farmi un taglio e colore rosa e schiaritura. Mi contatti in privato su Messenger nessuna sovversione solo dignità! Prometto il silenzio e nessun nome” . Provocazione? Il post ha suscitato molti commenti e chiarito che la scontentezza è di ambo le parti: lavoratori e clienti.
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