VITTORIO VENETO - «Personalmente, in base agli elementi di cui sono a conoscenza, rimango convinto che don Federico sia estraneo alle azioni di cui è accusato. Attendiamo, quindi, con fiducia la sentenza di ottobre». Commenta così il vescovo Corrado Pizziolo, con riferimento al processo penale che vede coinvolto il sacerdote don Federico De Bianchi, 48 anni, già assistente religioso in ospedale a Vittorio Veneto e poi a Conegliano, quindi parroco a Santa Giustina e Fadalto-Val Lapisina-Nove-San Floriano e dal dicembre scorso, in aiuto pastorale alle parrocchie di Farra e di Soligo.
La procura
Il pubblico ministero ha chiesto -per tre dei quattro casi- una condanna ad anni 8 di reclusione per don De Bianchi, condanna che ha destato grande sorpresa e stupore nel diretto interessato e nei suoi legali, gli avvocati Massimiliano Paniz e Stefano Trubian. «Continuo a confidare nella giustizia ed esprimo, in attesa della sentenza, la mia disponibilità a proseguire l’iter giudiziario con la serenità che viene dalla mia coscienza» ha commentato, dopo l’udienza, don Federico sulle colonne del settimanale diocesano L’Azione. Vicinanza gli è stata espressa anche da monsignor Pizziolo: «Fin dall’inizio del procedimento don Federico ha sostenuto la propria innocenza, rinunciando a qualsiasi forma di patteggiamento, sicuro che la sua innocenza sarà documentata dal dibattimento». L’udienza di giovedì pomeriggio, si è aperta con l’intervento del pubblico ministero, Barbara Sabattini, durato oltre un’ora, che ha riconosciuto una delle quattro testimonianze come non attendibile ed ha chiesto, per questo caso, l’assoluzione dell’imputato; per gli altri tre casi, invece, ha chiesto otto anni di reclusione per il sacerdote, puntando, nella sua ricostruzione, sull’attendibilità delle tre testimonianze rimanenti e sulla loro spontaneità e indipendenza. Alle argomentazioni del pubblico ministero e degli avvocati dei due giovani, che si sono costituiti come parte civile, hanno replicato gli avvocati della difesa che hanno manifestato sorpresa per la richiesta di pena promossa dall’accusa e ad essa hanno opposto la domanda di assoluzione piena dell’imputato.
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La requisitoria
Gli avvocati Paniz e Trubian, nella propria requisitoria, hanno insistito sulla non attendibilità delle testimonianze rese dai quattro, facendo leva sul tipo di personalità degli stessi, definita dallo psichiatra di parte come “border”, e sulla possibilità di confronto e di interlocuzione che i quattro avrebbero avuto nel periodo in cui sono riferiti i fatti. Ora la palla passa alla corte, che dovrà valutare le argomentazioni dell’accusa e della difesa e, in ottobre, emettere la sentenza.