Camminare per la vita, la Compagnoni porta i big: c'è anche Schwazer

Domenica 17 Settembre 2017 di Mattia Zanardo
LA Compagnoni con Schwazer (a sin nella foto) e il marito Alessandro Benetton
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TREVISO - In oltre 3.500, ieri pomeriggio, hanno attraversato a piedi il centro di Treviso. Ha battuto ogni record la prima edizione di Camminare per la vita, la passeggiata organizzata da Deborah Compagnoni e da un gruppo di appassionati, con il duplice scopo di promuovere il movimento e l'attività fisica e raccogliere fondi, per sostenere, tramite la Fondazione Città della speranza, il centro oncoematologico pediatrico di Padova. Tra i tantissimi, ha risposto all'appello anche una pattuglia di campioni sportivi del recentissimo passato: il pallavolista Samuele Papi (tra l'altro indimenticato ex della Sisley Treviso), il ginnasta Signore degli anelli Yuri Chechi, il calciatore Dino Baggio, l'ex primatista italiano juniores e olimpionico di salto in alto e poi preparatore atletico Paolo Borghi. Ma il nome forse di maggior effetto è quello di Alex Schwazer. Oro nella 50 km  di marcia alle Olimpiadi di Pechino 2008, il 32enne altoatesino era stato squalificato per doping alla vigilia dei successivi giochi di Londra 2012. Scontato lo stop, era tornato alla gare in vista di Rio 2016, sotto la guida di Sandro Donati, tecnico da sempre in prima linea per lo sport pulito, ma, clamorosamente, era risultato di nuovo positivo ad un test. Una positività, costatagli una seconda squalifica di otto anni, che Schwazer e i suoi allenatori hanno sempre negato.

Nonostante tutto, ragazzini e adulti fanno la fila per un selfie con lui: «L'affetto della gente rimane e questo mi dà grande soddisfazione», dice. È la sua prima volta a Treviso: «Avevo già partecipato ad una manifestazione di Sciare per la vita (la onlus fondata dalla Compagnoni, ndr) e ho apprezzato molto che Deborah mi abbia invitato». Confuso tra la folla, si mette in marcia insieme alla compagna Kathrin, spingendo il passeggino con la figlia di pochi mesi. Accetta di tornare sulla questione doping: fin da subito Schwazer e i suoi legali hanno sostenuto che i campioni siano stati manipolati per incastrarlo. «Stiamo combattendo per ricevere tutte le urine del presunto controllo positivo -ribadisce- A breve dovrebbe esserci un verdetto del giudice tedesco, perchè c'è stata una richiesta del giudice italiano di integrare la prima sentenza, dove, in pratica, ce ne consegnavano solo una parte. Ma una piccola quantità di urina già dopata in precedenza, può essere stata inserita nella mia facendola risultare positiva. Per questo è fondamentale avere l'intero campione». Difficilmente potrà tornare all'agonismo, ma Alex vuole andare fino in fondo: «Ora non c'è più l'urgenza di andare alle Olimpiadi come un anno fa, ma voglio dimostrare la mia innocenza».

 
Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 17:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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