Maturità, lo studente scrittore del Collegio Pio X di Treviso boccia la traccia Bianchi e lo scrive nella brutta copia dell'esame: «E' ipocrita»

Martedì 27 Giugno 2023 di Alfredo Baggio
o studente scrittore del Collegio Pio X di Treviso boccia la traccia Bianchi e lo scrive nella brutta copia dell'esame

TREVISO - Quella traccia, nella prima prova di maturità, non gli è proprio piaciuta, e l’ha voluto ribadire lasciando un commento nella brutta copia del compito: «Ipocrita, piena di cliché, non scritta da studenti, scontata e geriatrica». Sebastiano Giovanetti, trevigiano, classe 2004, non ha paura delle parole. Ama “giocarci” sin da quando era bambino. L’anno scorso ha vinto il contest di CartaCarbone “Scrittori per un giorno”, e poco tempo fa ha presentato ai Carraresi il suo primo libro “La vita a Città in costruzione”, antologia di racconti brevi che raccontano il malessere degli abitanti di una città soffocata dall’ergersi minaccioso dei suoi stessi palazzi grigi. Ma giorni fa, per l’esame al Collegio Pio X, indirizzo linguistico moderno, Sebastiano ha preferito misurarsi con “L’elogio dell’attesa all’epoca di Whatsapp”, bocciando sonoramente la traccia legata al tema d’attualità, “Lettera aperta al ministro Bianchi sugli esami di maturità”: «Quello che ho letto non penso sia stato scritto da un ragazzo. Se sì, è stata scritta da un ragazzo che pensava a cosa sarebbe piaciuto sentire agli adulti».


Ha lasciato quel commento nella brutta copia del tema?
«Sì, nella brutta copia che ho consegnato. I professori l’hanno sicuramente letta».


Quanto è importante la scrittura? Ha anche pubblicato un libro. Si sente “maturo”?
«Scrivere fa parte della mia indole, mi viene naturale, come una liberazione e l’ho fatto sin da quando ero bambino, scrivendo testi di canzoni. Conciliarlo con lo studio per la maturità è stato difficile, vista la mole, tuttavia il libro lo avevo già terminato prima degli ultimi mesi di scuola. Maturo dipende, se s’intendo come nel Piccolo Principe allora no, voglio ancora vedere l’elefante mangiato dal pitone e non un cappello».


All’inizio di ogni racconto si trovano citazioni della “Città vecchia” di De Andrè: come mai?
«Sin da bambino sono stato un appassionato di musica. Quando ho iniziato a scrivere il primo racconto stavo ascoltando questa bella canzone di De Andrè, i cui brani sono spesso e volentieri popolati da questi personaggi di dubbia morale, gli sconfitti, gli stessi che ho voluto raccontare nella mia opera».


La musica conta molto?
«Sì. Quando mi metto a scrivere spesso ascolto della musica, anche se ammetto che tante volte preferisco ascoltare il rumore della pioggia, anche registrato, su un video di YouTube. Poi se arriva la pioggia vera, tanto meglio».


Ispirazioni per questo libro?
«Insieme a De Andrè e a Umberto Saba, che è l’autore della poesia originale “Città Vecchia”, amo molto Caparezza, che considero uno degli ultimi geni musicali. Ultimamente mi è molto piaciuto anche l’autore friulano Pino Roveredo, da poco mancato».


Cosa l’ha spinta a scrivere questi racconti?
«Un pomeriggio ero alla fermata del bus di porta Santi Quaranta, all’ora del tramonto. Guardavo i raggi del sole passare attraverso i profili in controluce delle gru e dei cantieri e là penso di aver trovato l’ispirazione che mi ha fatto decidere di mettere le parole su carta».


Treviso passomigliare a Città in costruzione?
«Penso che Treviso sia una bella città. La mia voleva essere una critica generica al modo in cui talvolta si vive nelle grandi città, con queste grigie periferie che abbracciano un vivace e colorato centro cittadino. Degli abitanti che, nella maggior parte dei casi, non riescono a resistere alla parte peggiore di loro, quella che pecca di cupidigia e ambizione infinita a scapito di tutto e tutti». 

Ultimo aggiornamento: 29 Giugno, 08:12 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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