Suicidio dopo l'assalto con la roncola
«Ammazzo te e poi mi tolgo la vita»

Giovedì 24 Dicembre 2015 di Andrea Zambenedetti
Matteo Bottecchia e Marta e l'auto di Pagotto sporca di sangue
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CONEGLIANO - «Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere». È sconvolta, Loredana, madre di Marta Langero. In via Aliprandi a Conegliano sapevano di quelle minacce che erano state rivolte alla ragazza da Matteo Bottecchia, ma non potevano certo immaginare un simile tragico epilogo: il tentativo di uccidere il rivale, Gianpietro Pagotto, a colpi di roncola e il suicidio dal viadotto dell'autostrada a Vittorio Veneto. La figlia, 24 anni, aveva conosciuto Matteo Bottecchia a Conegliano. Nel 2014 era nata la loro figlia e Marta è stata costretta a diventare una donna ed una madre ben prima delle sue coetanee.

Per vivere con la figlia e con il compagno Marta si era trasferita a Colle Umberto. Dopo il diploma si era dedicata a fare la mamma a tempo pieno. Ma ecco che negli ultimi mesi la relazione con Matteo si fa difficile, il sorriso della giovane Marta si spegne e i familiari le dicono che può rientrare a casa in via Aliprandi. Per lei quello alla bruschetteria di Pagotto è il primo impiego. Ed è a quel punto che la sua vita si lega a quella del suo titolare: Gianpietro. Nel volto di lei torna un timido sorriso spesso smorzato dalle minacce che riceve dal suo ex e dalla necessità di incontrarlo per farle vedere la figlia. Anche martedì Marta si era vista con Matteo. Un incontro durato poco ma comunque cordiale. Nelle scorse settimane lui aveva però confessato di non accettare più la fine della loro relazione. «Uccido te, lui e poi mi uccido»: parole che avevano spinto Marta a parlarne con i familiari e poi con le forze dell'ordine. Ma al termine di quei colloqui aveva deciso di non sporgere una denuncia.

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Ultimo aggiornamento: 11:02

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