Il settore del latte in Veneto rischia di sparire: raso al suolo dall'impennata di energia e materie prime

Martedì 15 Febbraio 2022 di Mattia Zanardo
Il settore del latte in Veneto rischia di sparire: raso al suolo dall'impennata di energia e materie prime
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SOLIGO (TREVISO) - L'impennata delle materie prime e dell'energia sta mettendo in ginocchio anche il settore lattiero caseario veneto.

Tanto che più di qualche allevamento di vacche da latte è sul punto di chiudere. Prendendo una stalla tipo, con 120 capi, il costo della mungitura è aumentato di 3 centesimi al litro, passando da 0,017 euro dell'anno scorso a 0,047 attuali. La fattura dell'energia è così balzata da 2.200 a oltre 5.500 euro al mese. A questo poi si aggiunge l'incremento dei prodotti per l'alimentazione degli animali: mais e soia sono cresciuti del 50% nel giro di pochi mesi. In concreto, significa almeno altri 2 euro giorno per ciascun bovino. Suddividendo per la produzione media di ogni mucca - 32 litri quotidiani - questo si traduce in ulteriori 6 centesimi di costi per il produttore per ogni litro di latte. Quindi, sommando i rincari dell'energia e dell'alimentazione, si ottiene un incremento complessivo dei costi di produzione pari a 9,25 centesimi per litro. «I conti sono presto fatti - spiega Lorenzo Brugnera, presidente di Latteria Soligo, uno dei principali operatori del comparto a livello regionale - oggi produrre un litro di latte in stalla costa quasi 10 centesimi in più rispetto ad un anno fa. E la stalla che abbiamo preso come esempio è il prototipo di un'azienda familiare come quelle di tanti nostri soci, il modello che si è rivelato essere l'ideale per conservare la biodiversità, salvaguardare la tutela dell'ambiente e attuare un vero benessere animale».


GLI EXTRACOSTI

Nonostante i processi di maggior efficienza nella produzione messi in atto, ammonisce il dirigente, «i costi stanno, purtroppo, superando nettamente i ricavi e molti nostri soci si vedono costretti a chiudere le proprie attività». E fin qui si parla dei rincari alla stalla. Emergenza non dissimile la vivono caseifici e centrali del latte. Uno dei laboratori di produzione del formaggio della rete della cooperativa solighese ha visto la spesa per il gas naturale voce salire da 25mila a 125mila euro mensili: il 500% in più. La bolletta dell'elettricità della stessa Soligo è più che raddoppiata: dai 36mila euro di gennaio 2021 agli 80mila del mese scorso. E poi, ci sono i rincari per il confezionamento, dal 15% del vetro al 70% in più della carta, e quelli per i trasporti, saliti in media del 10-15%, con il gasolio incrementato, dal 2020 ad oggi, di circa il 40%. Alla fine del computo degli aumenti lungo la filiera di prodotto lungo, Latteria Soligo deve affrontare il mercato con una maggiorazione di costo di quasi 14 centesimi per litro di latte lavorato.

LE RIPERCUSSIONI

Inevitabile una ripercussione sui prezzi al consumatore finale: «Credo che i nostri consumatori, abituati ad acquistare prodotti del territorio che sono sicuri, genuini, buoni e perfetti, come cita il nostro statuto, comprenderebbero ed accetterebbero questi rincari, che sarebbero comunque attuati con un forte senso di responsabilità che trova le proprie radici nell'economia sociale di Giuseppe Toniolo. Ne va della sopravvivenza degli allevamenti. E se chiudono le nostre stalle saremo costretti ad importare il latte dall'estero con maggiori costi e senza controlli, privando dei prodotti locali più ricercati il nostro territorio che, anche grazie a queste tipicità, è divenuto meta turistica molto ambita ed apprezzata». Ma il presidente di Latteria Soligo rimarca come non possano essere solo i produttori a farsi carico di questi aumenti: «Riconoscere a chi produce qualità un piccolo aiuto, significa evitare la sua morte economica che, a sua volta, si tradurrebbe in una notevole diminuzione proprio di quei prodotti made in Italy che il mondo ci invidia e che la grande distribuzione cerca».

Ultimo aggiornamento: 16:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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