TREVISO - La disposizione è contenuta nell'articolo 1 (su 20), comma 178 (su 1.150), della legge di Bilancio 2021. Insomma, è una di quelle norme che potrebbero passare tranquillamente inosservate, se non fosse che prevede l'assunzione a termine di 2.800 dipendenti, da parte di Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, in deroga ai vincoli legislativi e con l'utilizzo dei fondi europei. Una boccata d'ossigeno, in tempi di organici (e bilanci) asfittici? Sì, peccato che questa opportunità valga solo in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Non a caso lo slogan dell'iniziativa è Ricominciamo dal Sud, tanto che il relativo bando di concorso è stato presentato dai ministri per la Pubblica amministrazione (Renato Brunetta) e per il Sud e la Coesione territoriale (Mara Carfagna), entrambi di Forza Italia. «La notizia ci lascia perplessi», dice Mario Conte (Lega), sindaco di Treviso e presidente di Anci Veneto.
Perplessi o arrabbiati? Nel vostro ultimo comunicato dichiarate: «Pretendiamo che si parli anche degli altri Comuni che hanno lo stesso problema o che addirittura operano in situazioni peggiori».
«Da quando ho cominciato questa avventura in Anci Veneto, mi confronto quotidianamente con i colleghi.
Quale sarebbe un dato equilibrato in Veneto?
«L'incidenza dovrebbe essere almeno doppia di quella attuale. Nell'ultimo decennio la spending review sugli enti locali ha ridotto il personale del 20%. E con Quota 100 non siamo nemmeno riusciti a pareggiare il conto tra ingressi e uscite. Solo nella mia Treviso in vent'anni abbiamo perso 200 dipendenti. Nei piccoli municipi mancano perfino i segretari, in tutti scarseggiano impiegati e tecnici. Il punto è che i Comuni del Veneto sono storicamente virtuosi: non hanno mai assunto una persona in più e non hanno mai speso un euro in più di quello che potevano. Ma, paradossalmente, questo è diventato un boomerang. I nostri organici sono ridotti all'osso, mentre vengono incrementati quelli più robusti».
Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente nazionale di Anci, ha affermato che «i Comuni del Sud più degli altri hanno sofferto gli effetti del blocco del turn over». Vuole forse dire che non è così?
«Non discuto la necessità di intervenire anche altrove, se c'è lo stesso problema. Ringrazio anzi il collega Decaro perché so che sta sollecitando un'estensione dell'operazione, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Infatti non bisogna farne una questione di geografia, ma di numeri: se il rapporto fra dipendenti e abitanti è squilibrato, bisogna correggerlo, indipendentemente dalla latitudine. Invece finora si è scelto di intervenire solo in una certa area, oltretutto mettendo la parola Sud nel nome del bando, quasi appunto per contrapporlo al Nord. Questa visione è anacronistica, perché punta a marcare un solco che non ha più senso oggi, quando invece bisognerebbe sostenere le realtà virtuose, dovunque si trovino».
È un appello che rivolge a Brunetta, ministro veneto, che ha definito il bando semplificato per il Mezzogiorno «una sfida bellissima»?
«So che il provvedimento gli è stato lasciato in eredità dal Governo precedente. Ma mi rivolgo appunto al ministro della Pubblica amministrazione, anche con l'auspicio di poterlo incontrare presto, per chiedergli di allargare l'iniziativa al resto d'Italia. Senza i Comuni, si ferma tutto: misure lodevoli come l'Ecobonus 110%, che promettono di rilanciare l'economia, rischiano di rivelarsi zoppe se poi le carte si arenano in uffici sguarniti di personale».