Nuova perizia per la bimba tetraplegica: «Chiedo giustizia per mia figlia»

Martedì 21 Febbraio 2017 di Francesco Campi
Nuova perizia per la bimba tetraplegica: «Chiedo giustizia per mia figlia»
ROVIGO - «Chiedo giustizia per mia figlia»: questa la richiesta che Davide, il padre di Eleonora, la bimba nata con gravi lesioni neurologiche che l'hanno resa tetraplegica e ipovedente, ha fatto la scorsa settimana davanti alle telecamere della rubrica L'indignato speciale del Tg5, in vista dell'apertura del processo di appello alle due dottoresse dell'ospedale di Rovigo, chiamate a rispondere dell'ipotesi di reato di reato di lesioni personali colpose per quanto avvenuto nel reparto di Ostetricia e ginecologia la sera della nascita, il 3 dicembre 2008.
La madre era entrata in travaglio la mattina, per essere poi accompagnata in sala parto alle 21.40, infine in sala operatoria alle 23.30. Secondo la ricostruzione fatta dalla Procura di Rovigo, le lesioni neurologiche si sarebbero potute evitare se fosse stato disposto con tempestività il cesareo. Per Dina Paola Cisotto e Cristina Dibello nel gennaio 2016 è arrivata una sentenza di assoluzione con formula piena nel processo di primo grado, che si è snodato attraverso 16 udienze, nel corso del quale sono stati ascoltati 15 consulenti tecnici e oltre 20 testimoni. Il processo di secondo grado si è aperto ieri davanti alla Corte d'Appello di Venezia, con i giudici che si sono espressi sulle questioni istruttorie, ma facendo già registrare un primo colpo di scena, visto che hanno disposto di conferire l'incarico per una nuova perizia tecnica il prossimo 13 marzo e hanno accettato di acquisire un'ulteriore consulenza tecnica che è stata disposta dal Tribunale civile di Rovigo, che però non era stata accolta in sede penale. Sulla vicenda, infatti, è aperto dal 2013 anche un processo civile, con la richiesta di un risarcimento di 30 milioni di euro da parte dei genitori della bambina, assistiti dall'avvocato Mario Cicchetti del Foro di Rieti. Per Davide e sua moglie le spese sostenute per le cure della figlia sono state ingenti e si sono anche dovuti trasferire a Ravenna per poter usufruire dei servizi del Centro iperbarico. Lo stesso legale, tramite il quale la coppia si è costituita parte civile nel processo penale, legge in modo ottimistico la decisione della Corte d'Appello: «Questa famiglia può continuare a sperare nella giustizia», ha commentato al termine dell'udienza.
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