Polizia postale decimata dai tagli, chiuse il 70% delle sedi territoriali

Sabato 8 Aprile 2017 di Giuseppe Pietrobelli
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VENETO E FRIULI - Sembra paradossale, ma in un’epoca di dominio della Rete, di reati telematici, cyber-bullismo, pedo-pornografia e terrorismo internazionale, il 70 per cento delle strutture territoriali della Polizia Postale verranno smantellate. Una ristrutturazione completa di un settore di alta professionalità nella lotta contro la delinquenza più sofisticata è stata illustrata alcuni giorni fa da Roberto Sgalla, direttore centrale di tutte le specialità della Polizia di Stato, ai sindacati dei poliziotti. Ne viene fuori una rivoluzione che nel Veneto penalizza città economicamente strategiche come Treviso e Vicenza.
La riforma prevede che i nuclei investigativi della Polizia Postale restino nelle 20 sedi dei Compartimenti regionali, in 8 sezioni distrettuali e in 21 sezioni provinciali. Non scompaiono, quindi, dalle grandi città capoluogo di regione o sede di distretto di Corte d’appello, anche perché è lì che viene incardinata la competenza a indagare su reati di terrorismo e di mafia. Il vero taglio riguarda le strutture provinciali, ciascuna sede di una Questura. Che in totale in Italia sono 103. La nuova organizzazione prevede di scendere a 49 strutture, con un taglio considerevole dei posti. Il che ha fatto insorgere i sindacati di Polizia.
Vediamo la situazione a Nordest. In Veneto rimangono il Compartimento regionale con sede a Venezia (50 posti), nonché le sezioni di Padova (5 posti) e Verona (5 posti). Dovrebbero chiudere, in quanto assorbite dalle rispettive Questure, Rovigo (5 posti), Vicenza (3), Treviso (6) e Belluno (9). In Friuli Venezia Giulia rimangono il Compartimento di Trieste e la sezione di Udine, ma spariscono Gorizia e Pordenone. Non cambia nulla, invece, in Trentino Alto Adige, regione a statuto speciale che mantiene sia il compartimento di Trento, che la distrettuale di Bolzano. In Lombardia rimarranno strutture solo a Milano, Brescia e Como. In Emilia Romagna a Bologna, Parma e Rimini.
Severo il commento di Stefano Bianco, segretario provinciale Silp-Cgil a Treviso: «Si tratta di un vero autogol, di una scelta che non aiuta i cittadini a ottenere giustizia e tutela di fronte ai reati informatici che sono sempre più diffusi. La specialità della Polizia Postale, vista l’importanza della rete, avrebbe dovuto essere potenziata, non ridotta». Quali ricadute in Veneto? «Nella nostra realtà economica e produttiva sono in crescita i fenomeni di accesso abusivi a sistemi informatici, di truffe telematiche, di raggiri con la chiusura di conti all’estero su cui sono confluiti pagamenti per merci che non verranno mai consegnate. Per non parlare del fenomeno del CryptoLocker...». È il virus che blocca i file di un’azienda e viene disattivato dietro il pagamento di somme di denaro. Un autentico riscatto, una vera estorsione.
Conclude Bianco: «Non si può smantellare una delle eccellenze della Polizia in nome di una razionalizzazione inutile e di un risparmio economico praticamente inesistente. Anche perchè i circa 300 poliziotti interessati continueranno a svolgere le loro attività ma in altri uffici».
Il punto, guardando all’efficienza delle indagini, è legato al rapporto diretto con il cittadino. Una persona che abita a Belluno, ad esempio, se deve denunciare un reato informatico dovrà presentarsi a un agente della Questura che non ha competenze specifiche in materia, il quale raccoglierà la denuncia, senza poter approfondire gli aspetti specifici del caso. Poi la dirotterà ai colleghi di Venezia. Insomma, il cittadino rischia di doversi sobbarcare un viaggio per spiegare nuovamente la questione e ricevere le indicazioni di cui ha bisogno, ad esempio, per mettere fine a un attacco informatico ai file aziendali. Proprio a Treviso e Vicenza, due delle realtà più ricche ed economicamente complesse del Nordest.
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Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 12:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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