Pfas, l'acqua di Padova è immune
Falde inquinate diluite con acqua
pulita presa dai bacini dell'Adige

Martedì 26 Aprile 2016
Pfas, l'acqua di Padova è immune Falde inquinate diluite con acqua pulita presa dai bacini dell'Adige
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PADOVA - Conclusi oggi i controlli dell'AcegasApsAmga sulle acque del Padovano. Le analisi effettuate hanno escluso la presenza di Pfas nell'acqua dei rubinetti sia di Padova, che di Abano e dei comuni della nord Saccisica (Brugine, Legnaro, S. Angelo di Piove e Piove di Sacco) serviti dalle risorgive di Villaverla (Vicenza). La società ha inoltre fatto sapere che sull'acqua ogni anno vengono effettuati 28 mila analisi dalla stessa AcegasApsAmga e Ulss.

REGIONE VENETO - Altre rassicurazioni arrivano da Venezia, fonte Regione Veneto,  che lavora anche a un progetto innovativo di deviazione dell'acqua pulita dell'Adige verso il bacino "inquinato" per diluire ulteriormente le sostanze nocive.


«Le acque ad uso potabile sono state messe in sicurezza con appositi filtri fin dall’agosto 2013 - scrive la Regione - e la sanità regionale sta per avviare un monitoraggio pluriennale su circa 250mila persone potenzialmente esposte al rischio Pfas  per un costo di circa 150 milioni di euro. Premesso che mancano limiti cogenti fissati dal Governo, la complessa questione dell’inquinamento da Pfas - emersa dallo studio del Cnr iniziato 2006-2013 - è stata oggi al centro di un vertice in Giunta con gli assessori all’Agricoltura, all’Ambiente e alla Sanità e i rappresentanti del mondo agricolo (Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Anpa Veneto)».

I 3 assessori hanno illustrato l’evoluzione della vicenda.
«Al termine è stato deciso  - spiega Palazzo Balbi -  di avere da parte delle organizzazioni agricole la mappatura delle aziende che utilizzano acque superficiali o pozzi per la loro attività, per poi farle analizzare dall’Arpav. Una volta conosciuti gli esiti e individuati gli eventuali pozzi a rischio, le due ipotesi d’intervento sono: la variazione dell’altezza dei pozzi per raggiungere una falda “pulita” o l’apposizione di filtri. Si sta però anche valutando la possibilità di deviare verso le zone inquinate parte dell’acqua gestita dal Consorzio di Bonifica  Lessino-Euganeo-Berico (LEB) la cui acqua, captata dall'Adige, potrebbe contribuire alla diluizione delle sostanze sia sulle falde che sulle acque superficiali.  

Scartata, invece, l’ipotesi di collegare le aziende alla rete idrica pubblica, sia per gli alti costi, sia per l’impossibilità che l’acqua potabile degli acquedotti sia sufficiente. “La Regione  non è l’unica in Italia ad avere questo problema – hanno concluso gli assessori – ma al momento ci risulta sia l’unica ad averlo affrontato di petto e con trasparenza
».

Ultimo aggiornamento: 16:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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