La fuga degli infermieri veneti:
98 assunti dagli ospedali inglesi

Venerdì 27 Maggio 2016
La fuga degli infermieri veneti: 98 assunti dagli ospedali inglesi
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VENEZIA - Ma che bravi e simpatici quei ragazzoni italiani che indossano il camice azzurro con impeccabile aplomb anglosassone, accompagnato da un caloroso stile mediterraneo. Se entri nell'ospedale di Preston, contea di Lancashire, nel nord-ovest del Regno Unito, spuntano dappertutto. E si tradiscono non tanto per l'inflessione straniera, ma per uno slang veneto che gli inglesi ovviamente non colgono, ma che fa della struttura sanitaria una specie di trasposizione oltre-Manica dell'ospedale All'Angelo di Mestre. Perché gli infermieri e infermiere italiani che lavorano qui hanno raggiunto il record di 98 unità, per buona parte provenienti dal Veneto. Un piccolo esercito di giovani quasi tutti al primo impiego. Si sono laureati o ancora dovevano discutere la tesi di laurea quando si sono trovati proiettati oltre l'orizzonte lavorativo nostrano. Preston è diventato un piccolo caso virtuoso di trasmigrazione di massa, promossa dall'ordine professionale.
Nicolò Mattana di Mestre, a soli 23 anni, è uno dei pionieri, visto che è partito una quindicina di mesi fa con il primo gruppo. “Sono venuto a conoscenza delle interviste che erano programmate nella sede di Mestre per andare a lavorare in Inghilterra. E mi sono detto: perché non provarci, perché non mettersi in gioco?”. Lo ha fatto e nel giro di una mattinata si è trovato assunto. “Le prove si sono svolte in inglese. La prima di carattere generale. Poi il calcolo di una somministrazione di farmaci. Quindi l'analisi di un caso clinico. Poi si è arrivati all'intervista 'face tu face'”. Il faccia a faccia decisivo del colloquio di assunzione. “In una mattinata mi sono trovato con un posto di lavoro. Avrei preferito occuparmi di medicina d'urgenza, ma ho cominciato in Gastroenterologia”. Il bello è che in Gran Bretagna si fa presto a cambiare, purché si dimostri che si è adatti per un nuovo e magari più impegnativo compito. “Dopo sei mesi ero già al pronto soccorso, ma adesso mi preparo a cambiare di nuovo. Perché dall'inizio di giugno sarò al St. Mary's Hospital di Londra, uno dei quattro ospedali di primo livello della capitale”.
Un bel salto professionale e personale. “Il sistema inglese - è la lezione imparata da Mattana – guarda all'utilità della persona . Se ti piace un'”area” diversa e sei impegnato a migliorarti, ti agevolano, perchè vogliono che ciascuno sia collocato nel posto dove può dare il meglio”. In Italia? “Spesso un infermiere è bloccato dal sistema, prima di muoversi deve aspettare a lungo. In Inghilterra il turn over è più veloce”. Attratti da questa nuova dimensione lavorativa, sono decine i veneti (ma non solo) che si sono trasferiti a Preston. Lo stipendio è piuttosto convincente. Il conto ce lo fa Nicolò. “Senza notti o sabati e domeniche si prendono 1.560 sterline al mese, circa duemila euro. Calcolando notti e domeniche si arriva a 1.700-1.800. Il mio record è stato di 2.340”. L’equivalente rispettivamente di 2300 e oltre tremila euro. La tassazione pesa per il 21 per cento, poi ci sono da pagare i contributi per la pensione. Ma guadagnano più che in Italia. L'orario è di 37 ore e mezzo alla settimana, che si può suddividere in diverse turnazioni.
“A Preston riesco a risparmiare mille euro al mese. A Londra sarà più difficile, anche se gli stipendi statali sono maggiorati del 20 per cento, perchè il solo affitto costa 860 sterline al mese, 500 in più che a Preston”. La logistica è diventato uno stile di aggregazione. Veneti e italiani stanno molto assieme, si sono divisi le case, ognuno occupa una stanza, in comune hanno servizi e cucina. Un ménage che assomiglia un po' a quello degli studenti fuori sede. E alla sera si trovano per divertirsi e fare sport. “La vita in gruppo è molto bella, ci si sente a casa, siamo tutti amici. Ci raccontiamo le esperienze, giochiamo a calcio, andiamo al pub. Come gli inglesi”. Ci sarà però qualche difetto in questa esperienza... “L'impatto linguistico non facile, un sistema sanitario diverso che si deve capire e conoscere. Forse una certa rigidità nei protocolli e anche un po' di burocrazia. Ma sono compensati dai vantaggi...”. Quali? “Cresciamo tanto, da un punto di vista clinico e manageriale. Cambiare e progredire è facile. I corsi di aggiornamento sono gratuiti. L'organizzazione e la gestione del lavoro responsabilizzano molto di più”.
Maria Cappelletto è partita da Roncade ed ora vive nella stessa casa di Mattana. In tutto sono due veneziani e due trevigiani. “Ho sentito la necessità di cambiare aria, è una decisione che ho preso da sola. All'inizio un po' di voglia di tornare c'era, ma adesso mi trovo benissimo, anche se ho fatto un concorso in Friuli in una struttura pubblica”. Quasi quasi spera di non passare la selezione, così non deve porsi il problema di lasciare l'Inghilterra. “Nel nostro lavoro abbiamo la sensazione di essere figure importanti in un sistema sanitario circolare. In Italia la struttura è piramidale e tutto ruota attorno al medico”. Nuove frontiere per “cervelli” in fuga, laureati, che trovano opportunità all'estero e inseguono il sogno di lavorare e vivere meglio.
 
Ultimo aggiornamento: 28 Maggio, 08:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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