«Il Nordest del futuro è nell'export
Chi non vende all'estero si estingue»

Giovedì 20 Ottobre 2016 di Mattia Zanardo
«Il Nordest del futuro è nell'export Chi non vende all'estero si estingue»
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L’export rallenta, ma rimane un fattore di sviluppo cruciale per le imprese del Nordest. Soprattutto puntando su una variegata platea di nuovi paesi emergenti: dall’Iran e dall’Arabia al Messico, dalla Corea del Sud alla più “domestica” Repubblica Ceca. Senza trascurare Stati Uniti e Cina. Certo, mercati non privi di insidie: sono queste, però, le aree che, secondo il nuovo rapporto Sace, offrono le prospettive più ghiotte alle aziende trivenete. Al contrario, meglio tenersi alla larga da Grecia e Russia, troppo rischiose per la situazione socio-economica interna o la geopolitica internazionale. Allo stato attuale, comunque, la destinazione prevalente di beni e servizi locali non si discosta dai confini europei. E proprio il vecchio continente, in primis, ha sostenuto l’ulteriore, leggero ritocco del 2,1% nelle esportazioni registrato nei primi sei mesi del 2016, dopo l’exploit dell’anno precedente, chiuso a quota 78 miliardi di euro. Il focus sul Nordest - presentato ieri in un convegno promosso da Sace e Simest (le due società del gruppo Cassa depositi e prestiti dedicate a sostenere l’espansione internazionale delle imprese) - registra il boom di comparti come prodotti raffinati, apparecchi elettronici e mezzi di trasporto. Oltre due terzi dell’export regionale (il 68,1%), tuttavia, rimane frutto di cinque comparti: meccanica strumentale, tessile- abbigliamento, la cosiddetta altra manifattura (in cui rientrano, ad esempio, mobili, gioielli, articoli sportivi), prodotti in metallo, alimentari e bevande. “Il dato di agosto è positivo e penso che entro fine anno riusciremo a recuperare - sottolinea Roberto Zuccato, presidente di Confindustria Veneto -. Si sta, però, creando una polarizzazione tra le imprese che hanno compreso la trasformazione economica in corso e raccolgono successi e quelle che non l’hanno capito. E si allargherà sempre più . Per questo, oltre a sostenere chi va bene, è importante aiutare gli altri. E’ una questione culturale di comprendere il cambiamento, altrimenti c’è un forte rischio di estinzione”. 
Perchè, nella nuova Industria 4.0 - per usare le parole del presidente dei “piccoli” di Confindustria, Alberto Baban - “non esisteranno più piccole, medie o grandi aziende, ma solo imprese di mercato o non di mercato”. Alessandro Decio, di Sace, è fiducioso: “Per due motivi. Primo, vedo aziende più strutturate, più propense all’innovazione e all’internazionalizzazione. Secondo, gli strumenti ci sono, anche dal punto di vista delle risorse finanziarie: c’è grande disponibilità di liquidità”. Con un ulteriore vantaggio, secondo Andrea Novelli, ad di Simest: “Qui bussando ad una sola porta si possono avere tutti i servizi del sistema pubblico per l’internazionalizzazione, a differenza di altri paesi, compresa la decantata Germania”
Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 08:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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