UDINE - Avrebbero concepito e alimentato uno stato di emergenza ambientale al solo scopo di ottenere denaro pubblico dal ministero del Tesoro, apparentemente finalizzato alle bonifiche, ma sostanzialmente utilizzato per alimentare e mantenere l’apparato organizzativo.
Ventisei indagati stanno ricevendo in queste ore le informazioni di garanzia a firma del pm Alberto Galanti nell’ambito di una maxi inchiesta della Procura di Roma su un flusso colossale di finanziamenti statali assegnati per la gestione delle emergenze ambientali dei siti di interesse nazionale, avviata da un’indagine del pm della Procura di Udine Viviana Del Tedesco sui dieci anni di commissariamento per l’emergenza del sito di interesse nazionale della Laguna di Grado e Marano. Associazione per delinquere, falso, truffa ai danni dello Stato, tentata corruzione, concussione e abuso d’ufficio, i reati a vario titolo contestati.
Tra gli indagati spiccano i nomi di un ex direttore generale del ministero dell’Ambiente e delle società in-house, degli ex commissari e soggetti attuatori dell’emergenza in laguna, di dirigenti di Ispra e Arpa e dipendenti di alcune società venete, mettendo in luce collegamenti e analogie con lo scandalo del Mose.
Tra i meccanismi "lucrativi" oggetto dell'indagine la Procura fa rientrare anche il progetto faraonico di risanamento ambientale con barriere fisiche che alcuni degli indagati avrebbero voluto imporre al sito industriale della Caffaro, l'azienda chimica di Torviscosa (Udine), unica area in cui, insieme al canale Banduzzi, ci sarebbe stato un effettivo inquinamento.
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