Aneri si racconta, da Kennedy a Trump «Il mio vino tra i grandi»

Domenica 26 Marzo 2017 di Edoardo Pittalis
L'imprenditore del vino Giancarlo Aneri
Giancarlo Aneri, 68 anni, produttore di vini Il numero uno di Prosecco e Amarone con la grande passione per il giornalismo «Montanelli, Biagi e Bocca: i miei amici». Da figlio di capostazione all'ascesa nell'azienda tutta familiare.

Il vino ideale?
«Il Prosecco, perché non ti tradisce. Nel rapporto qualità-prezzo è irraggiungibile rispetto a tutti gli altri vini spumanti. E poi è il vero specchio di questa terra, il Veneto».

E l'Amarone?
«Rappresenta il vino delle serate speciali, mentre il Prosecco è della quotidianità. Il primo è il vino dell'esclusività, l'altro della semplicità». 

Come si fa a partire da Legnago con un vino e conquistare il mondo?
«Considero Legnago la capitale del mondo. E siccome è un posto di nebbie, dico che la nebbia di Legnago profuma, quella di Milano dove vivo due giorni a settimana puzza. Sono partito da qui, prima ho fatto il manager da Lunelli, spumante Ferrari: vent'anni senza mai litigare. Da 22 anni siamo una famiglia di imprenditori. Ho deciso durante un Vinitaly, ero con mio figlio Alessandro ancora bambino. Vedeva che conoscevo tutti, allora mi ferma e mi dice: Papà, io non lavorerò mai con te, a meno che non facciamo una cosa con la famiglia. Ecco, la Aneri è nata in quel momento. Sono convinto che per le piccole aziende italiane la famiglia sia l'ancora di salvataggio. L'azienda artigianale ha un ruolo se fa prodotti di nicchia e di alta qualità».

Con i suoi vini hanno brindato i Grandi della terra
«Prima i Sette Grandi al vertice dell'Aquila, poi Putin con la cassa di Amarone regalatagli da Berlusconi. Anche Trump, appena eletto, con una Magnum dono del suo amico Briatore. E pure Obama aveva brindato col mio Prosecco in un ristorante di Chicago. La differenza dei vini ci sta tutta: Obama era l'uomo della società aperta, Trump di un mondo più limitato. Da Ronald Reagan in poi, tutti i presidenti USA hanno festeggiato con vini Aneri. Ma anche quelli italiani, da Ciampi in poi. Oggi ho come clienti 500 tra grandi ristoranti e alberghi nel mondo. A Venezia, per esempio, il Gritti».
 
Il ristorante italiano preferito?
«L'Harry's Bar a Venezia, è elegante ma non ha mai dimenticato la tradizione».

Da bambino pensava di viaggiare tanto?
«Sono figlio di un capostazione che aveva idee di sinistra e leggeva l'Unità, mi ha insegnato tutto dicendo sempre comportati bene. Da bambino volevo fare il muratore perché davanti a casa costruivano un palazzo e vedevo i muratori che all'ora di pranzo aprivano la loro gavetta e mangiavano con gusto e mi sembravano tutti felici. Qualche anno dopo ho capito che l'imprenditore era sicuramente più felice».

E ha incominciato a sognare di fare l'imprenditore?
«Mi considero tuttora un bottegaio, ho due botteghe: in una vendo vino, nell'altra olio e caffè. Ho incominciato a fare il bottegaio quando ero in seconda media, compravo i gianduiotti Ferrero a 15 lire l'uno, poi li dividevo in tre e li rivendevo a dieci lire il pezzo. Obbligavo i compagni a giocare al negozio, chi non aveva soldi non giocava. Eravamo bambini felici in un'Italia che cresceva, dieci lire erano il prezzo di un pacchetto di figurine di calciatori. Sognavo già da allora di diventare un grande commerciante. Avevo 12 anni quando ho portato a casa un giornale che non fosse l'Unità, leggevo lo sport ma anche tutte le pagine che precedevano lo sport. E' così che sono diventato un accanito lettore di giornali».

E' da questo amore che è nato il premio E' giornalismo?
«Ero amico di Biagi, Montanelli e Bocca. C'è il mio egoismo di amico che li voleva mettere tutti e tre insieme. Erano i numeri uno del giornalismo, si conoscevano, ma non si frequentavano. Si stimavano, ma forse non si amavano troppo».

Il suo Indro Montanelli?
«L'ho aiutato a cercare finanziamenti quando ha fondato La Voce', il più generoso è stato il mio amico Luciano Benetton. Montanelli era un uomo che aveva avuto una grande lezione di vita dalla madre, era innamorato della mamma. Quando negli ultimi anni si trasferì in un modesto appartamento di Milano, il primo giorno ho pranzato con lui, dietro di lui c'era il ritratto della madre. Mi disse: Giancarlo, domani devo dire che spostino mia madre di là perché mi dà fastidio mangiare dandole le spalle. Quando scriveva, battendo sulla Lettera22, ripeteva ad alta voce ogni parola. Io ascoltavo in silenzio e alla fine dicevo: Grande articolo, Indro. Lui alzava lo sguardo dal foglio: Discreto, solo discreto. Era un pessimista».

Il suo Enzo Biagi?
«L'uomo più generoso che ho conosciuto. Con tutte le persone che potevano avere bisogno di aiuto era rimasto un vecchio socialista che non faceva selezione tra i bisognosi. In televisione non c'è più stato un altro bravo come lui. Dopo la morte della moglie e della figlia più giovane, era diventato triste. Andavamo a cena con Antonio Ricci e chiedeva che ci fosse la Hunziker che lo divertiva per la sua allegria».

E Giorgio Bocca?
«Arrivava a sembrare arrogante per mascherare la sua timidezza. Il premio si decideva sempre a casa sua, dopo il pranzo e le bottiglie. Aveva un gatto che pesava venti chili e Montanelli odiava i gatti. Una volta l'animale si addormentò sulle gambe di Indro che per due ore non osò muoversi».

E i suoi maestri negli affari?
«Ah! Qui il maestro di vita è stato Enzo Ferrari. Sono andato giovanissimo a Maranello e ho scoperto un signore molto curioso, uno che se non avesse costruito macchine sarebbe stato un grandissimo giornalista. Produco poche migliaia di bottiglie di Lambrusco solo per onorare due grandi amici emiliani: Ferrari e Pavarotti. Enzo non ha mai viaggiato, non ha mai preso l'aereo, aveva paura perfino dell'ascensore. Io gli portavo grandi vini, lui mi regalava cravatte col cavallino e macchinette della Ferrari».

Nessuno ha respinto una sua bottiglia?
«Mai. Però qualcuno ha chiesto che non fosse lui a tenerla. A Ted Kennedy avevo portato lo spumante per il brindisi. Al momento delle foto, mi passò la bottiglia: Giancarlo tienila tu, se pubblicano questa foto con la bottiglia in mano, chissà cosa scrivono i giornali!».
Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 15:56 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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