​Friuli VG, il vento è cambiato:
​il centrodestra prenota la Regione

Martedì 7 Giugno 2016 di Maurizio Bait
Debora Serracchiani, presidente della Regione FVG
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TRIESTE - Il Centrodestra prenota la Regione per le elezioni della primavera 2018. E lo fa partendo dalla città dove governa dal Palazzo del Lloyd la vice di Matteo Renzi alla segreteria nazionale del Partito democratico, Debora Serracchiani e dove è stato eletto il capogruppo Dem alla Camera Ettore Rosato.
La duplice, larga affermazione al primo turno delle elezioni comunali dell’ex due volte sindaco Roberto Dipiazza a Trieste e dell’ex presidente della Provincia Alessandro Ciriani a Pordenone impongono, infatti, una pesante ipoteca sulla corsa per governare il Friuli Venezia Giulia, sebbene sul territorio il Pd abbia conseguito diversi successi.
Saranno ora i ballottaggi del 19 giugno a sigillare o sovvertire la tendenza dell’elettorato, tuttavia il vistoso distacco rispetto ai candidati del Centrosinistra - 12 punti a Trieste sul sindaco uscente Roberto Cosolini (40,8% contro 29,2%) e altrettanti a Pordenone su Daniela Giust (45,5% contro 33,2%) appare scarsamente reversibile.
Si direbbe insomma che la direzione del vento sia cambiata ed è ora difficile affermare - come tenta dal suo punto di vista il Centrosinistra - che la valenza di questo voto sia da confinare al perimetro locale.
La Lega ha incrementato i consensi in una Trieste, tradizionalmente allergica alle sirene padane, tuttavia ne ha perduti in una Pordenone che fu sua roccaforte. E se a Pordenone Forza Italia raccoglie pochi punti percentuali (peraltro la lista di Francesco Giannelli ha trasferito diversi punti percentuali), nel capoluogo regionale il partito di Silvio Berlusconi si è preso la soddisfazione di rivelarsi il traino principale di Dipiazza con un quasi 15%, esito tanto più clamoroso se si consideri il minor peso elettorale emerso per questa formazione a livello nazionale.
Soprattutto, però, il Movimento 5 Stelle, atteso a possibili sortite elettorali da autentico convitato di pietra, ha invece mostrato la corda non riuscendo a superare la soglia psicologica del 20% a Trieste con il giovane e presentabilissimo candidato Paolo Menis e fermandosi assai più in basso a Pordenone. La protesta o l’apatia di una larga parte dell’elettorato è rimasta asserragliata nell’astensione, che a Trieste ha sfiorato il 50% degli elettori. Un altro elemento significativo è la sostanziale inconsistenza dei "cespugli" di destra e di sinistra, che in particolare a Trieste rendono piuttosto inutile meditare apparentamenti. Il voto appare nitidamente polarizzato.
Ora diventa determinante "fidelizzare" i consensi ricevuti e appellarsi agli astenuti. Dall’esito di tale duplice operazione dipende la partita di ritorno dopo che quella d’andata ha segnato sul campo risultati non discutibili.
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