Il Tribunale nega i domiciliari a un malato psichico, la Cassazione annulla l’ordinanza: no al carcere disumano

Il giudice di sorveglianza non concede di scontare la pena a casa per motivi di salute. A Roma ordinanza annullata

Sabato 6 Aprile 2024 di Cristina Antonutti
Il Tribunale nega i domiciliari a un malato psichico, la Cassazione annulla l’ordinanza: no al carcere disumano

PORDENONE - Mentre il Guardasigilli mette sul piatto un pacchetto di fondi per rafforzare i trattamenti psicologici, così da contrastare il drammatico fenomeno dei suicidi, la Cassazione annulla l’ordinanza con cui il presidente del Tribunale di sorveglianza di Trieste ha negato gli arresti domiciliari per motivi di salute a un detenuto della provincia di Pordenone. L’uomo soffre di disturbi della personalità che si sono acuiti durante la detenzione nelle case circondariali di Pordenone, Udine e Belluno. Doveva scontare 10 mesi e 20 giorni di reclusione e il suo legale, l’avvocato Alessandro Magaraci, aveva chiesto al Tribunale di sorveglianza di Trieste l’affidamento in prova ai Servizi sociali o la misura alternativa della detenzione domiciliare per motivi di salute. L’istanza è stata respinta sulla base del terzo comma di un articolo, il 58 quater dell’ordinamento penitenziario, unico sopravvissuto a un “repulisti” della Corte Costituzionale per dichiarata illegittimità. Si tratta di un comma che preclude la possibilità di misure alternative quando le stesse sono già state revocate nell’arco dei tre anni.

L’ordinanza è stata annullata dalla prima sezione della Cassazione: l’istituto di pena non può trasformarsi in un luogo disumano per un malato. La questione, limitatamente alla dichiarazione di inammissibilità della detenzione domiciliare per motivi di salute, dovrà essere riesaminata dal Tribunale di sorveglianza. E stavolta, come previsto dalla norma, in composizione collegiale, che dovrà tener conto di tutta una serie di considerazioni fatte dalla Corte Suprema.


LA DIFESA

«In questo caso - spiega l’avvocato Magaraci - si tratta di una detenzione domiciliare speciale, che deve garantire il diritto alla salute. Un diritto che non può essere compresso». All’istanza al Tribunale di sorveglianza il difensore aveva allegato anche una perizia psichiatrica di Francesco Piani, chiesta dalla Corte d’appello di Trieste e nella quale lo psichiatra, una volta dato risposta ai quesiti posti, si era spinto a dichiarare che le condizioni di salute del detenuto sono incompatibili con il regime carcerario. Non è bastato. «A darmi ascolto evitando il carcere al mio assistito - continua il legale - è stato il sostituto procuratore generale Carlo Maria Zampi, che nell’ambito dell’ordine di esecuzione della pena ha disposto i domiciliari. Se non si fosse interessato, non so come sarebbe andata a finire. Il mio cliente ha evitato il travaglio peggiore, ma sta comunque male, è affetto da psicosi e ha bisogno di cure. Il problema è che prima di riempire le carceri con persone sofferenti bisogna valutare percorsi alternativi».


LA SENTENZA

Lo stesso procuratore generale della Cassazione ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato e adottato senza contradditorio. Secondo i giudici deve prevalere un bilanciamento tra le esigenze della tutela della sicurezza pubblica e la necessità di preservare la salute del condannato. Deve prevalere una «detenzione umanitaria» anche per i malati psichici, non solo per chi è affetto da gravi infermità. Secondo la Corte europea per diritti dell’uomo, inoltre, incarcerare una persona affetta da grave malattia mentale «assurge a vero e proprio trattamento inumano o degradante».

Ultimo aggiornamento: 08:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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