Centro islamico, la tregua è durata 15 ore: si dimettono i “dissidenti”

La fazione che fa riferimento alle oltre tredici etnie escluse dalla gestione della moschea ritira gli eletti nel direttivo: "I magrebini ci hanno raggirato"

Mercoledì 3 Maggio 2023 di Loris Del Frate
Centro islamico, la tregua è durata 15 ore: dimissioni dal direttivo. Resta il caos

PORDENONE - La tregua armata è durata giusto il tempo di fumare una sigaretta.

Poi tutto è tornato come prima. Ossia un grande caos. Per dirla in parole povere l'assemblea di domenica mattina che era stata organizzata per cercare di dare un nuovo assetto al direttivo dell'Associazione islamica di Pordenone che gestisce il Centro della Comina, quella che impropriamente vine chiamata la moschea, è finta in farsa. La lunga trattativa per trovare un punto di contatto tra le due fazioni, quella che attualmente gestisce il Centro e che fa capo ad un gruppo di etnia marocchina e quella che invece contiene le altre etnie (Sudan, Niger, zona Balcanica, Burkina Fasu, Pakistan, Bangladesch e Africa dell'Ovest) di fatto non è servita a nulla. Già domenica sera, infatti, gli eletti della fazione attualmente esclusa dal libro dei soci e fuori dalla gestione della moschea, hanno deciso di dimettersi in blocco.


IL MOTIVO
Una decisione che è maturata dopo aver parlato tra loro, alla fine dell'assemblea, e aver capito che in ogni caso i numeri del direttivo che dovrà riscrivere lo statuto e aggiornare il libro dei soci, non erano paritari. In pratica la parte di chi domenica era fuori dall'hotel Moderno a protestare aveva due eletti in meno. Il tutto, nonostante il fatto che l'accordo in assemblea fosse stato trovato su un numero paritario di eletti (quattro a quattro) più un presidente che alla fine è risultato essere l'ex imam Erraji Ahmed, eletto senza il benestare del gruppo avverso. Da qui la decisione di dimettersi in blocco.


LA NOTA
Ieri il gruppo dei dimissionari ha inviato una nota per spiegare nel dettaglio la situazione. «Domenica si era riunito in assemblea per il centro islamico un gruppo dei soci registrati nel vecchio "Libro dei Soci". La fazione che si è impadronita con sotterfugi della gestione del Centro ci aveva convinto a collaborare. Diceva che il nuovo direttivo sarebbe stato provvisorio per aggiornare lo statuto e il Libro dei Soci. Ci avevano assicurato che tutte le comunità di origine sarebbero state rappresentate alla pari. Avevamo pure chiuso un occhio che senza preavviso avessero chiamato a presiedere l'assemblea uno sconosciuto Imam di Udine, Kemal, che alla fin fine si è rivelato "amico" del gruppo dei vecchi soci. Ci sentiamo raggirati e presi in giro, perché tre nuovi consiglieri del nuovo direttivo risultano di etnia marocchina e con un egiziano e un tunisino, scelti da loro, la fazione conquista la maggioranza anche nel nuovo consiglio. Hanno inventato la figura dei quattro consiglieri di riserva, che hanno lasciato agli altri non magrebini, che perciò si trovano ad avere nel nuovo direttivo solo tre persone elette anche se rappresentano i nove decimi dei fratelli e delle sorelle che frequentano il Centro».


IL PRESIDENTE
«Il colmo - vanno avanti nella nota - lo hanno raggiunto quando Amadou Balde, che era risultato primo tra i votati e avrebbe quindi potuto benissimo fare da presidente perché persona colta e misurata, era stato escluso dal nuovo direttivo e inserito tra i quattro della riserva. Ultimo! A questo punto hanno chiesto di votare presidente Erraji Ahmed per alzata di mano. Si alzano le mani. Tutti vedono che saranno sí e no un terzo, ma il suo nome passa comunque. L'ultima beffa - dicono ancora - è legata al fatto che è scomparsa dal verbale la nota, accolta da tutti, che il nuovo direttivo fosse provvisorio ed entro sei mesi al massimo doveva riformare lo Statuto e il Libro dei Soci, secondo quanto era stato chiesto anche dalla Questura».


LE DIMISSIONI
«A questo punto - conclude la nota - prendiamo atto che sono del tutto inaffidabili le rassicurazioni che avevamo acuito e abbiamo deciso di dimetterci tutti da nuovo direttivo». Seguono le firme di Butt Shafique Ahmed (Pakistano), Ali Tchiakpo Togo), Mahmud Sayed Washi Uddin (Bengalese). Dimessi anche i quattro di riserva: Oubana Elhadji (Niger), Billa Idrissa (Burkinaè), Naznin Sufia (bengalese) e Amadou Balde Burkina Fasu). Tutto da rifare, dunque, nonostante un lunga mattinata (quella di domenica) per cercare di trovare una soluzione. Nei prossimi giorni i dimissionari si riuniranno nuovamente per cercare di trovare la strada per farsi riconoscere i diritti che ritengono essere stati lesi da troppo tempo.

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