Venezuela, 15mila friulani in fuga
Chiuse due sedi del Fogolâr furlan

Mercoledì 24 Agosto 2016 di Antonella Lanfrit
Venezuela, 15mila friulani in fuga Chiuse due sedi del Fogolâr furlan
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UDINE - A tornare a casa un mese fa è stata la presidente in carica del Fogolâr furlan di Caracas, che ha chiuso la porta della sede di proprietà dei friulani-venezuelani e non ha idea se e quando potrà riaprirla. Come l'altra sede di proprietà degli emigranti friulani, quella di San Cristobal. Là non si trovavano più le medicine necessarie al marito. Per non dire di tutto il resto che manca.

A raccontare quello che sembra un epilogo di un'emigrazione che aveva portato nel Paese sud americano migliaia e migliaia di friulani è, dalla sua casa udinese, Enzo Gandin, il predecessore di Maria che ha preso il suo posto nel 2010 quando lui ha fatto le valigie dopo 59 anni d'emigrazione, vendendo tutto ciò che aveva costruito. Le notizie veicolate dai media nazionali e internazionali sulla condizione socio-economica del Venezuela sono sempre più impressionanti e Gandin le conferma con le informazioni di prima mano che raccoglie ogni settimana, quando riesce a telefonare alle persone care che ha lasciato nel Paese. «"Sono magrissimo, scheletrico": mi ha detto una persona a me carissima», racconta con voce incrinata e mantenendo coperto il nome dell'amico. «Qualche settimana fa gli ho spedito due scatole di medicine, ma non gli sono ancora arrivate», prosegue Gandin, che monitora come può le sorti delle famiglie amiche. Una sua figlia ha fatto il viaggio contrario a quello che fece lui nel 1951 e nel 1999 è volata dal Venezuela al Friuli «perché da quell'anno si sono cominciati a vedere i cambiamenti che hanno portato questa situazione», afferma. L'altra l'ha seguita sette anni fa dopo aver subito due aggressioni per rapina, una davanti alla sede del Fogolâr. L'emigrazione di ritorno ha sfoltito la presenza dei friulani in Venezuela, che Gardin stima oggi in circa 15mila persone, discendenti compresi.
Una trentina di rientrati negli ultimi tempi li ha ritrovati in luglio alla festa degli emigranti dell'Ente Friuli nel mondo, ma erano tutti. «Ho fatto incontro con cento persone», racconta. Gandin, che è stato presidente del Fogolâr furlan di Caracas dal 1995 al 2010, era diventato imprenditore, con partecipazione in una tipografia e in un'azienda per la produzione di autocompiante chimica, la prima del Sud America, «attrezzatissima e all'avanguardia». Lui a un certo punto ha detto basta. Tra i suoi colleghi imprenditori italiani, «uno si è ritrovato un giorno con la fabbrica occupata dall'esercito; un altro ha una tipografia e mi dice che lavora quando riesce a procurarsi la carta».
Ogni volta che Gandin telefona, si allunga la lista delle cattive notizie. «Non più di due mesi fa un friulano che conosco bene è stato colpito alla testa con il calcio di una pistola - dice -. Solo la sua capacità di rabbonire l'aggressore lo ha salvato, finché non è arrivata la polizia». Ma alla preoccupazione per la sicurezza degli amici si aggiunge quella per la difficoltà a trovare cibo. «Passano le giornate a fare la fila per avere qualcosa di essenziale da mangiare, mi raccontano; chi aveva risparmi li ha intaccati per acquistare i beni essenziali, perché quando si trovano costano molto cari». Gandin è aggiornato come se continuasse a vivere lì, in quel Paese «dove siamo stati ben accolti, dove abbiamo vissuto bene e le nostre figlie si sono laureate in un sistema scolastico che era molto buono». Al mercato «tutto costa al prezzo del dollaro, per comprare un biglietto verde ci vogliono 1.100-1.200 bolivares e uno stipendio in media è di 40mila bolivares al mese. Ecco un altro motivo perché ora è sempre più difficile andarsene».
 
Ultimo aggiornamento: 15:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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