Chiedono ospitalità ma hanno un lavoro e non avrebbero diritto alla casa: indagini sui migranti

Lunedì 15 Gennaio 2024 di Marco Agrusti
Migranti in città

Il sistema dell’accoglienza diffusa dei migranti e più in generale dei cittadini in attesa di ricevere legalmente lo status di richiedente asilo ha diversi problemi.

Dalla carenza di case da affittare alla sempre più diffusa ritrosia degli enti del terzo settore nei confronti del mondo dell’assistenza agli stranieri, una “ritirata” dovuta principalmente a fattori economici. Ma tra le tante difficoltà ce n’è una che adesso le Prefetture di Pordenone e Udine stanno affrontando e aggredendo con decisione. Riguarda le decine di posti che spesso sono ancora occupati da persone che regole alla mano non ne avrebbero diritto. Perché? Semplicemente perché nel frattempo - fortunatamente - hanno trovato un lavoro. E quindi sarebbero in grado di sostenere da soli il costo di un affitto fuori dalla rete di accoglienza. 


COSA SUCCEDE


Rivoluzionato quando il prefetto di Pordenone era ancora Maria Rosaria Maiorino, portato poi avanti dalla gestione della Prefettura di Domenico Lione, il sistema dei controlli è diventato particolarmente urgente e necessario ora che in sella all’ufficio locale di governo c’è Natalino Domenico Manno. Il Friuli Occidentale, infatti, deve risolvere il problema dei migranti che si trovano ancora all’interno dell’hangar in Comina. E per farlo servono posti nell’accoglienza diffusa, quindi nelle abitazioni dei singoli paesi. Perché lo stabile che fu dei Comboniani non basta ad accogliere tutti i richiedenti asilo. E proprio l’intensificazione dei controlli ha dato la possibilità di riattivare quello che viene chiamato il turnover: un migrante che non ha più diritto ad essere ospitato da una struttura sostenuta da soldi pubblici, esce dalla rete abitativa e lascia il posto libero. 


LE SITUAZIONI


In questo modo sono state liberate decine di “posizioni” all’interno di appartamenti e case che fino a poco tempo fa erano occupati fino al limite anche da persone che nel frattempo avevano trovato un lavoro. In molti casi, ad esempio, la counicazione non partiva neppure. Quindi un migrante trovava lavoro (solitamente si tratta di professioni che comprendono un alto livello di fatica e turni scomodi, ma si parla anche di contratti stabili con stipendi in linea con quelli percepiti normalmente dai cittadini friulani) ma non comunicava il cambio del proprio status economico. Di fatto, insomma, pur percependo uno stipendio “pieno” rimaneva a vivere ancora nelle abitazioni dell’accoglienza diffusa, occupando spazi che invece servivano agli altri migranti in attesa di una sistemazione. Un corto circuito normativo e di comunicazione, oltre che un’ingiustizia a carico di chi invece un posto lo attendeva magari dormendo al freddo. 


LA STRETTA


Le Prefetture, grazie anche a un accesso più diretto alle banche dati e a un collegamento costante e fruttuoso con gli esperti della Guardia di Finanza, hanno intensificato molto i controlli, riuscendo a individuare decine di situazioni simili e soprattutto liberando tanti spazi. Un’operazione che ora sta permettendo di rimettere in moto il meccanismo dell’accoglienza diffusa, principio cardine del modello friulano che si allontana sempre di più dai grandi hub per migranti. 

Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 08:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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