Il manager della Bonatti in Libia:
«8 mesi di attesa poi la tragedia»

Sabato 5 Marzo 2016 di Davide Lisetto
I due tecnici italiani rilasciati

PORDENONE - Nel luglio dello scorso anno quando i quattro tecnici italiani dell’impresa emiliana Bonatti erano stati rapiti in Libia avrebbero dovuto dare il cambio proprio a lui. E lui, Dennis Morson, 57 anni, di Praturlone di Fiume Veneto, manager friulano  della logistica del colosso emiliano Bonatti lavora in Libia da oltre 30 anni, era nello staff dell’impresa che aveva organizzato il trasferimento - via terra e non via mare - dei 4  tecnici dalla Tunisia alla Libia. E da quel maledetto 19 luglio il manager pordenonese - rimasto in Libia per quasi otto interminabili mesi per seguire, con la sua società, la vicenda legata al rapimento e a tutti i contatti intercorsi tra Tripoli e il governo italiano - non ha mai smesso un istante di pensare ai suoi quattro colleghi rapiti e poi finiti - come sembra - nelle mani dell’Isis.

Fino a tre giorni fa quando nel "quartier generale" libico della Bonatti, dove in questi giorni tutti i dipendenti sono assediati, è arrivata la tragica notizia della morte di Salvatore Failla e Fausto Piano. E poi invece, ieri mattina, quella della liberazione degli altri due colleghi, Filippo Calcagno e Gino Pollicardo. «Non posso dire assolutamente nulla - ci ha fatto sapere Morson raggiunto telefonicamente nel pomeriggio di ieri nella sede libica della società -. Sono stati giorni e ore di pesantissima angoscia per quello che sta accadendo. Oggi (ieri, ndr) possiamo solo tirare un sospiro di sollievo e gioia per gli altri nostri due colleghi liberati. Non me ne voglia - aggiunge il manager prima di chiudere la telefonata - ma proprio non posso assolutamente aggiungere altro». Angoscia e sollievo. Inevitabile che il pensiero del manager pordenonese va alle famiglie dei colleghi. Angoscia e preoccupazioni che hanno caratterizzato i lunghi mesi seguiti al rapimento. 

Le notizie che arrivano dalla Libia hanno riportato la preoccupazione anche a casa Morson  a Praturlone dove vive la signora Clara, la mamma di Dennis che ha 83 anni e che è quasi quotidianamente in contatto con il figlio.

L’anziana donna guarda tutti i telegiornali, ma viene rassicurata anche dalle telefonate del figlio. «Anche se al telefono non parla mai di lavoro, a me basta sapere che sta bene. A sentire ciò che è successo si sta male. Spero che ora la situazione si risolva e che lui possa rientrare quanto prima», ha detto ieri la donna. Dopo il rapimento dei colleghi il manager non è più rientrato a Praturlone. Prima tornava ogni tre o quattro mesi. Così ha fatto per oltre trent’anni. La madre è orgogliosa del figlio al quale l’impresa per la quale lavora ha anche dedicato alcune pagine di un libro che racconta le difficoltà di lavorare nel Paese in cui nel 2011 è scoppiata la guerra civile. E da allora è diventato uno dei Paesi più rischiosi al mondo dove lavorare. Ma la passione di Dennis per la sua professione è grande. Lui che da bambino continuava a disegnare grandi gru dicendo che quando sarebbe diventato grande avrebbe lavorato con quei bestioni di acciaio. Un sogno che si è realizzato. E che negli ultimi mesi, da quando i suoi colleghi erano ostaggi dell’Isis, si era trasformato in un doloroso incubo.

Ultimo aggiornamento: 15:44 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci