Padova. I fratelli Mazzola querelano la prof per il post sull'ex Br: «Offende vittime e familiari»

Donatella Di Cesare aveva scritto su X dopo la morte di Barbara Balzerani: «La tua rivoluzione è stata anche la mia. Le vie diverse non cancellano le idee»

Mercoledì 13 Marzo 2024 di Angela Pederiva
L'ex sede del Msi, Donatella Di Cesare

PADOVA - Cinquant'anni sono una vita, ma non bastano per dimenticare. Fra tre mesi sarà trascorso mezzo secolo dal 17 giugno 1974, il giorno dell'assalto alla sede del Movimento Sociale Italiano a Padova, dove un commando delle Brigate Rosse uccise due militanti missini. «Si trattò del primo assassinio perpetrato in Italia dalla suddetta associazione terroristica, al quale seguì una lunga serie di gravissimi episodi di sangue», ricordano Antonio, Piero, Mario e Anna Mazzola, nella denuncia che hanno appena depositato alla Procura di Roma: i figli del carabiniere in congedo Giuseppe Mazzola, ammazzato insieme all'agente di commercio Graziano Giralucci, hanno infatti deciso di querelare Donatella Di Cesare, docente di Filosofia teoretica alla Sapienza, per il suo post su X in omaggio all'ex brigatista (ma che mai si è pentita né dissociata) Barbara Balzerani.

Il tweet della polemica

All'indomani della morte di Balzerani, già componente della colonna romana delle Br e partecipante al tragico agguato di via Fani costato la vita ad Aldo Moro e alla sua scorta, lo scorso 5 marzo Di Cesare aveva twittato: "La tua rivoluzione è stata anche la mia.

Le vie diverse non cancellano le idee. Con malinconia un addio alla compagna Luna #barbarabalzerani". Inevitabile la polemica nel mondo politico e immediato il procedimento nell'alveo universitario. Tuttavia i fratelli Mazzola ritengono che l'esame del suo comportamento «non possa rimanere circoscritto al mero ambito delle iniziative disciplinari», ma debba essere affidato anche all'autorità giudiziaria «in ragione della potenzialità lesiva dell'azione». I querelanti rimarcano che per l'attentato di via Zabarella, con sentenza della Corte d'Assise di Padova del 1990, aggravata in Appello a Venezia nel 1991 e confermata dalla Cassazione nel 1992, sono stati condannati Roberto Ognibene, Giorgio Semeria, Susanna Ronconi, Martino Serafini, Renato Curcio, Mario Moretti e Alberto Franceschini, tutti brigatisti negli anni di piombo. Com'era stata appunto pure Balzerani.

Le parole della professoressa Di Cesare

Quel messaggio di cordoglio da parte della professoressa Di Cesare viene ritenuto dall'avvocato Piero Mazzola e dai suoi fratelli «nostalgico ed evocativo, gravemente lesivo della loro dignità non solo quali familiari di una delle vittime delle nefande azioni poste in essere dagli appartenenti alle Brigate Rosse, ma anche quali membri della società civile, che rifugge e disconosce ogni forma di violenza e di negazione degli irrinunciabili principi universali di rispetto della vita umana». La denuncia-querela analizza «il significato letterale delle parole utilizzate», rilevando innanzi tutto «vicinanza ("La tua rivoluzione è stata anche la mia") alla lotta rivoluzionaria». In secondo luogo viene lamentato il tentativo di rivendicare «la bontà ideologica di quegli ideali rivoluzionari, velando poi il poco sopra dichiarato intento celebrativo mediante il flebile quanto insignificante richiamo al distinguo tra i diversi metodi con i quali è stata data attuazione a tale ideologia ("Le vie diverse non cancellano le idee")». Inoltre il dispiacere della docente per la morte dell'ex terrorista ("Con malinconia un addio") viene letto come «un dolente compianto per gli ideali incarnati dalla brigatista ("alla compagna Luna")».

«Un'offesa»

Dopo la bufera, Di Cesare aveva rimosso il post, puntualizzando di aver «sempre condannato ogni forma di lotta politica violenta». Invece per gli autori della denuncia si tratta di «un elogio, convinto ed espresso pubblicamente, degli ideali che l'associazione terroristica delle Brigate Rosse alla quale la vita di Barbara Balzerani è stata indissolubilmente legata pose a fondamento della lotta armata e delle azioni criminali compiute». Quindi quelle affermazioni rappresentano «una inescusabile onta e un'offesa rivolta ai figli di Giuseppe Mazzola, ai familiari di tutte le altre vittime del terrorismo e allo Stato democratico», mentre una docente universitaria è chiamata «a svolgere il delicatissimo incarico di istruire e forgiare le coscienze delle nuove generazioni». Ora la valutazione passa ai magistrati. 

Ultimo aggiornamento: 10:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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