Attila, il "Flagello" inventato
Le origini del mitico re unno

Giovedì 29 Maggio 2014 di Sergio Frigo
Attila
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PADOVA - Dalle nostre parti il suo nome è sinomino di "distruttore", e in Francia viene attribuito ai decespugliatori e ai tosaerba; ma nel mondo germanico è considerato un eroico conquistatore, e in Ungheria addirittura un "ottimo principe", un eroe nazionale. Parliamo di Attila, il capo degli Unni, che nel 452 invase l’Italia del Nord, dopo aver devastato Aquileia e aver saccheggiato Padova, contribuendo indirettamente alla fondazione di Venezia da parte delle popolazioni in fuga. Poi il "Flagello di Dio" (una categoria biblica, ma forse anche un nomignolo di cui si fregiava egli stesso, orgogliosamente) si fermò sulle sponde del Po, bloccato, dice la leggenda, dal crocefisso brandito da Papa Leone I, o magari, più prosaicamente, da problemi logistici del suo esercito o da qualche dazione in denaro degli ambasciatori di Roma.



Oltre 15 secoli dopo la figura di Attila continua a suscitare interesse e dibattito. Di recente il Mulino ha pubblicato il volume "Attila e gli Unni. Verità e leggende" di Edina Bozoky, che ricostruisce le origini del mito negativo, mentre sul Re unno e la sua calata in Italia, e sulla produzione letteraria franco-italiana a lui dedicata, oggi (15.30) e domani a Padova, all’Accademia Galileiana e alla Sala del Guariento si terrà un convegno di studi del Dipartimento di studi linguistici dell’Università.



Il convegno, a cui interverrà anche la Bozoky, prenderà le mosse soprattutto da due testi degli inizi del Trecento, scritti nel francese del tempo (di forte impronta italiana) che ripropongono tutte le connotazioni negative già affibbiate dalla tradizione popolare al personaggio, fra le quali persino il fatto di essere figlio di un cane e di portarne impressi i segni nel volto (tradizione derivata probabilmente dai suoi tratti asiatici).



«Il primo testo, "Estoire d’Atile" - spiega l’organizzatore del convegno, Gianfelice Peron - è una prosa di un anonimo autore padovano o veneziano che nel ricostruire la spedizione italiana di Attila evidenzia soprattutto la sua sconfitta ingloriosa ad opera del leggendario re di Padova Egidio: in questa versione Attila, quasi sfidando il destino che gli era stato anticipato da un sogno, si presenta travestito da pellegrino nell’accampamento nemico, si avvicina al Re che sta giocando a scacchi con un suo comandante, e si lascia sfuggire un commento in ungherese, venendo immediatamente riconosciuto da Giglio, sfidato a duello e decapitato con un colpo di spada. Il secondo testo, "La guerra di Attila", è invece opera di poco successiva del notaio bolognese Nicolo da Casola, e consiste in un "poemone" di ben 16 canti e 37mila versi, che non nascondeva fini encomiastici nei confronti della Casa d’Este: il suo fondatore Foresto vi era descritto infatti come uno dei principali antagonisti del signore degli Unni».



Va detto che fra le versioni alternative della morte di Attila, la più diffusa parla di un soffocamento a seguito di una copiosa epistassi. Ma di Attila continuarono a occuparsi anche nei secoli successivi letterati, artisti, musicisti e cineasti (da Delacroix a Verdi ad Abatantuono), fino a una memorabile "intervista impossibile" realizzata per la Radio negli anni ’70 da Guido Ceronetti e Carmelo Bene, di cui parlerà Adone Brandalise. E la saga continua.
Ultimo aggiornamento: 11:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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