Omicidio Pozzobon/ La moglie: «Rapina?
No, la vendetta di un ladro arrestato»

Venerdì 24 Febbraio 2012 di Raffaele Rosa
Michele Pozzobon insieme alla moglie
VENEZIA - Aiutateci a scoprire la verit. l'unica cosa che adesso vogliamo. Cinzia Favaro, 52 anni, apre la porta della villetta di via Pitica in cui vive con i figli. Un casa gialla, a due piani, con un bel giardino, costruita in una stradina che va verso la campagna, nella periferia di Zelarino. 24 ore prima al suo campanello hanno suonato gli agenti della questura per comunicarle dell'omicidio del marito Michele Pozzobon, ripartito una settimana prima per la Costa d'Avorio.



È una donna forte, Cinzia, affranta dal dolore ma che trova la forza di raccontare la storia del suo uomo. Stava insieme a Michele da 31 anni, da 23 erano sposati. «Era ripartito la settimana scorsa, mercoledì, dopo aver trascorso due settimane a casa dopo sei lunghi mesi di permanenza in Costa d'Avorio - racconta -. Aveva ricevuto questa proposta d'andare a lavorare all'estero grazie a un libanese, un cliente che lo aveva conosciuto ai tempi dell'Ave Industries. Una opportunità che lo aveva convinto a lasciare il vecchio lavoro per cui aveva lottato, occupando per giorni con i colleghi la sede di Martellago durante il periodo di chiusura e trattativa per la cessione della società».



Che cosa ha saputo dell'omicidio? «A noi hanno raccontato una versione, quella dell'assassinio a scopo di rapina: un gruppo di 4 persone, armate e di colore, lo hanno aspettato al suo ritorno a casa. Lo hanno aggredito, ma lui, e conoscendolo so per certo che lo ha fatto, ha reagito e alla fine gli hanno sparato al cuore, nella terrazza dell'appartamento, come se avessero voluto farlo per dargli una lezione, per giustiziarlo. Il portafoglio con 1.200 euro che teneva nella giacca non l'hanno toccato. Non so se l'altro denaro che aveva portato con sè dall'Italia sia stato ritrovato in casa o meno. Sono stati ritrovati anche i due pc, quello personale e del lavoro. Con sé teneva anche due cellulari, uno con numero italiano e l'altro con una scheda ivoriana. Ne hanno recuperato solo uno».



Chi sta seguendo il caso in Costa d'Avorio e vi sta assistendo? «La Farnesina ha incaricato il console Maggiore di assisterci. Lo abbiamo già sentito più volte e, purtroppo, ci ha già avvisato che non sarà facile scoprire la verità e prendere i colpevoli. Ci sono stati casi in cui hanno ucciso per rubare 50 euro. Il custode della palazzina in cui risiedeva mio marito e la donna delle pulizie non hanno saputo dare indicazioni utili a parte il fatto che erano 4 i banditi e tutti di colore. Io, mio figlio Nicolò e mia cognata partiamo per Abidjan lunedì all'alba. Saremo là nel tardo pomeriggio. Serviranno almeno 5 giorni per risolvere la questione delle pratiche burocratiche e organizzare il trasferimento della salma che dal villaggio di Bonoua è stata trasferita proprio a Abidjan. Speriamo di fare presto e di riportarlo a casa per il funerale».



Suo marito aveva mai ricevuto minacce per l'attività imprenditoriale avviata in Costa d'Avorio? «No il lavoro non credo c'entri nulla. E io non credo nemmeno alla rapina, sembra una messa in scena. Io penso si tratti di una vendetta: mio marito qualche tempo fa aveva scoperto un uomo di colore che rubava in casa. Lo aveva bloccato e consegnato alla polizia locale per farlo arrestare. Lui pare gli avesse detto: "La pagherai cara per questo". Non voglio pensare che sia andata così, ma temo che possa essere vero. Mio marito era ben voluto da tutti, i dipendenti della ditta lo adoravano. E poi aveva un cuore grande, era generoso, portava sempre via con sé cibo, medicine, vestiti nel limite del possibile consentito per le valigie. Voleva portarci tutti là, davanti al mare e tra la vegetazione: invece tocca a noi andarlo a prendere e riportarlo a casa, morto».
Ultimo aggiornamento: 7 Aprile, 20:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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