Procedimento disciplinare a Fabbri, il giudice del Vajont. La presidente Coniglio: «Lo prese come un'offesa»

Sabato 14 Ottobre 2023 di Olivia Bonetti
Il giudice Mario Fabbri, sua la sentenza istruttoria sul disastro del Vajont

BELLUNO - In 40 anni a Belluno la presidente Antonella Coniglio ha visto passare la storia del Tribunale e l’ha fatta lei stessa. Fin dalle stanze nella vecchia sede allora vicino a Palazzo Rosso, a quelle dell’attuale palazzo di giustizia in via Segato. Nomi illustri come quello di Mario Fabbri, il giudice del Vajont, ai procuratori amici come Fabio Saracini, ma sempre nel rispetto dei ruoli. «Giocavamo a carte insieme, ma poi in aula - ricorda la presidente - c’era in particolare un filone di reati tributari dove io gli davo sempre torto e lui si arrabbiava». 

VAJONT
«Con il dottor Fabbri eravamo amici - sottolinea Coniglio - e quando sono arrivata qui mi parlava sempre di quel disastro. C’erano in piedi tutte le cause civili intentate. Ho fatto io l’ultima sentenza, quella che ha riconosciuto la responsabilità della Sade e ha dato un grande risarcimento al comune di Longarone. Eravamo già nel 2000. Erano tutti cause collegiali e se ne discuteva in camera di consiglio». E poi svela un retroscena, una pagina nera della giustizia italiana. «Il dottor Fabbri era ossessionato dal Vajont, si concentrò su quello, che gli ha preso anni di carriera. Addirittura subì un procedimento disciplinare, dal quale poi dopo, con le sue stesse memorie, fu assolto. Finì nel mirino perché per fare l’istruttoria del processo del Vajont aveva lasciato ferme altre cose.

Ebbero il coraggio di fargli il procedimento disciplinare per l’arretrato. Lui la prese giustamente come un’offesa e quindi ne parlava spesso: sia di questo che dell’istruttoria». Nel 2019, quando il giudice morì all’ospedale San Martino, in Tribunale Coniglio presiedette la commemorazione del magistrato. Ed ora ricorda. «Avevamo la stanza una accanto all’altro. Era il 1983 ed ero appena arrivata: fu lui a prendersi cura di me. Con lui c’era un rapporto di amicizia. Mi ha accompagnato all’inizio della carriera».

L’AMICIZIA
Ma vera amicizia ci fu anche con Fabio Saracini, il compianto sostituto procuratore di Belluno, mancato nel 1996. «Per me è stato un esempio - afferma - appena arrivata mi ispiravo a lui assorbivo la sua esperienza il suo modo di fare, la sua precisione, la sua dedizione totale all’ufficio, la sua onestà totale. Poi siamo diventati amici mantenendo sempre distante il rapporto di ufficio. È stato un pm eccezionale. Quello che mi è dispiaciuto è che si ammalò quando aveva già fatto domanda per diventare procuratore della procura circondariale: gli spettava. Ma siccome si era saputo che era stati colpito da una malattia incurabile allungarono i tempi fino a quando non ci arrivò. Quell’incarico per lui sarebbe stata una giusta soddisfazione di una carriera dedicata al lavoro». Poi l’amico procuratore Francesco Saverio Pavone, mancato nel 2020: «Lo ammiravo. È stato sempre di una educazione delicatezza e quando arrivò qui per me è stato un onore poter lavorare con lui. Era un signore di vecchio stampo».

IL GRAZIE
E il ricordo dei genitori. «Mio padre è mancato nel 2016, mia madre nel 2018: ci tenevano tantissimo che diventassi magistrato. Mio papà era cancelliere, poi diventato dirigente e qualsiasi sia dirigente che cancelliere desidera vedere il figlio magistrato. Fu felice del fatto che avevo vinto il concorso e fu soddisfatto del fatto che ero diventata presidente. Purtroppo non si sentì di venire qui alla cerimonia di insediamento. Ma erano contenti ed io di aver dato loro questa soddisfazione». Infine una menzione alla stampa. «Devo riconoscere alla stampa - conclude la presidente - rapporti sempre educati, leali e per bene: poi certo le notizie si devono pubblicare, ma i nostri rapporti sono stati sempre leali». 

Ultimo aggiornamento: 10:49 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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