BELLUNO - Lo sci va a gonfie vele, si consuma nei rifugi e i comprensori bellunesi hanno visto nelle festività la novità della presenza di turisti provenienti da Bulgaria, Romania, Ungheria e Polonia.
LA PERMANENZA
Meno turismo mordi e fuggi dunque e maggiori permanenze di più giorni. «La presenza media è stata di 4 – 5 giorni e sarebbero stati forse di più se i giorni di festa fossero caduti a metà settimana» dice Grigoletto. E aggiunge: «Come vendita di skipass nel Sellaronda sono stati maggiori i plurigiornalieri, e nelle altre aree questi ultimi sono stati circa a metà con i giornalieri. Siamo in una situazione quasi migliore rispetto a quella pre covid, il che dimostra che c’è voglia di montagna e, oltre al turismo consolidato dei vacanzieri italiani, abbiamo notato un turismo emergente dei paesi dell’Est che fino a poco tempo fa non potevano permettersi le ferie sulle Dolomiti o che non le conoscevano bene. Con il periodo della pandemia si sono aperti degli slot di qualche turista che non viene più e questo è stato di fatto occupato dal nuovo turismo dell’Est Europa. Alla fine del covid pensavamo di avere un calo sostanziale, ma è successo il contrario perché la nostra offerta è ancora bassa rispetto la domanda. I clienti italiani per la maggior parte si sono visti sulle aree come Falcade, Civetta e Cortina, con la sua clientela romana. Più in alto, come ad Arabba, invece c’è stata un’utenza eterogenea di italiani e stranieri. Il dato significativo è che rispetto allo scorso anno è cresciuta anche la spesa media nella ristorazione dei rifugi».
IL PUNTO DOLENTE
E siamo al capitolo dei lavoratori. Se nei rifugi e negli alberghi pare che la difficoltà nel reperimento delle maestranze sia minore rispetto alle stagioni passate, lo stesso non si può dire per gli addetti agli impianti di risalita: «Per i rifugi da quando non esiste più il reddito di cittadinanza arrivano parecchi curriculum di candidature anche sotto le vacanze di Natale, mentre il tema per questo 2024 sarà quello di trovare figure specializzate come capi servizio, macchinisti e figure specializzate. In totale gli addetti agli impianti sono 700 circa in tutta la provincia, e ne mancano per il futuro circa 200 e questo è un tema importante, in quanto nella provincia patiamo la concorrenza della grande industria. Metteremo in atto come Anef delle azioni di divulgazione nelle scuole specializzate per far capire che può essere un lavoro stabile 12 mesi l’anno, ben pagato e con possibilità di carriera. Basti pensare che un macchinista guadagna circa 2000 euro al mese e nelle figure di maggiore responsabilità come i capiservizio questi importi salgono».