Tito Livio Burattini, lo scienziato e viaggiatore bellunese che inventò il metro

Domenica 29 Ottobre 2023 di Alessandro Marzo Magno
Tito Livio Burattini, lo scienziato e viaggiatore bellunese che inventò il metro

BELLUNO - «Donque li pendoli saranno la base dell'opera mia, e da questi cavarò il mio metro cattolico, cioè misura universale, che così mi pare di nominarla in lingua greca». Siamo nel 1675 e per la prima volta viene utilizzata la parola «metro» per indicare un'unità di misura. A farlo è un agordino di nobile famiglia, Tito Livio Burattini, nato l'8 marzo 1617, che però, per motivi a noi sconosciuti, lascia presto la cittadina del bellunese, probabilmente senza tornarci mai più (o se ci torna non ne è rimasta testimonianza), nel 1645, invece, lo si ritrova a Venezia.

Morirà, dopo una vita di incredibili avventure, attorno al 1680 a Vilnius, oggi Lituania, mentre al tempo si chiamava Wilna ed era parte del regno di Polonia. Sia ben chiaro: per il sistema metrico decimale e il suo utilizzo generalizzato bisogna attendere ancora un paio di secoli e l'età napoleonica, ma il nome da lì viene, ovvero dall'opera "Misura universale, overo trattato nel qual si mostra come in tutti li luoghi del mondo si può trovare una misura o un peso universale, senza che abbiano relazione con niun'altra misura", stampata nel 1675 proprio a Wilna nella tipografia dei francescani.

CALCOLI
L'aggettivo «cattolico» riferito al metro non va inteso in senso religioso, ma come calco dal greco antico della parola «univerale». Il fatto è che in quei tempi, e fino all'età napoleonica, non esisteva una misura uguale per tutti: braccia, piedi e pollici variavano da una località all'altra, quindi il piede, o la libbra, di Padova, non corrispondevano al piede o alla libbra di Venezia o di Treviso. Si calcola che nella Francia pre-rivoluzionaria vi fossero 150mila misure diverse. Burattini, che aveva studiato le opere di Galileo Galilei, ipotizza quindi il metro: doveva basarsi sulla distanza percorsa da un pendolo in un secondo (non era stato l'unico a pensare al pendolo come strumento di misurazione, all'epoca).
Non si limita a teorizzare il metro, ma pure le sue frazioni: «Dopo avervi molto pensato l'ho diviso prima in quattro parti uguali, e poi ogn'una di queste in altre quattro, così tutto il metro sarà diviso in sedeci parti».

IN EGITTO
Inoltre la misura di lunghezza doveva costituire anche la base per una misura universale di peso. L'agordino, tuttavia, non è stato importante soltanto come matematico. È stato uno dei primi a entrare nelle piramidi egizie di Giza e a effettuare misurazioni delle piramidi stesse e degli obelischi di Eliopoli e di Alessandria. Inoltre fabbricava lenti per microscopi e telescopi (sempre in seguito agli studi galileiani) e grazie alle osservazioni astronomiche è riuscito a scoprire le macchie di Venere. Era un apprezzatissimo costruttore di strumenti scientifici, come dimostra la corrispondenza col granduca Leopoldo de' Medici. Visto che c'era, attorno al 1648, inventa una macchina per volare, ne presenta un modello al re di Polonia, chiede un finanziamento, ma non se ne fa nulla e la macchina non viene mai realizzata (ne resta una descrizione in un paio di lettere). In Polonia diviene un protetto della regina Maria Luisa di Gonzaga-Nevers, moglie prima di Ladislao IV e poi del fratello Giovanni II Casimiro. Burattini è nominato architetto reale, ottiene l'appalto delle miniere di piombo e d'argento di Olkusz, diventa tesoriere della regina e in quanto intimo suo e del suo segretario, Pierre des Noyers, viene incaricato di importanti missioni diplomatiche presso gli Asburgo, a Vienna.

ECLETTICO
Un genio eclettico, quindi, un figlio del Rinascimento in ritardo di un secolo e mezzo, quando ormai i geni multiformi alla Leonardo da Vinci o alla Michelangelo Buonarroti, capaci di un po' di tutto, non si usavano più. Purtroppo la sua relazione sull'Egitto è andata perduta in seguito a un assalto subito in Ungheria: i malviventi lo aveva privato di tutto quello che portava con sé. Burattini non era stato il primo: nel 1528 era penetrato all'interno della piramide di Cheope il patrizio veneziano, nonché cardinale, Marco Grimani che ne lascia la prima descrizione dell'età moderna e ne tenta pure una misurazione. Scrive l'architetto bolognese Sebastiano Serlio: «In persona propria la misurò, e vi salì sopra, e ancho andò dentro».
Burattini riceve in appalto la zecca di Cracovia che dirige per qualche tempo assieme a Paolo Del Buono, già matematico del granduca Leopoldo de' Medici, che aveva conosciuto qualche tempo prima a Vienna. Nel 1659 gli viene richiesto di coniare una nuova moneta di bronzo, il solido, su cui si ritrovano impresse le sue iniziali e che, dal nome del soprintendente della zecca, viene chiamato "boratynk". Nel 1662 lo accusano di aver ricavato profitti illeciti, tuttavia la commissione del Tesoro, riunita a Leopoli (l'attuale L'viv, in Ucraina), non soltanto lo assolve, ma addirittura lo incarica di riconiare la medesima moneta per poter pagare le truppe.

CON LA DIVISA
Burattini si impegna anche come militare: partecipa nel 1658 alla guerra contro gli svedesi con una compagnia di fanti reclutata a proprie spese e si ritrova all'assedio di Torún, mentre dal settembre 1671 detiene l'importante carica di comandante della piazzaforte di Varsavia. Si intromette nelle questioni dinastiche: morto re Giovanni Casimiro senza eredi, il nobile agordino cerca di favorire Mattia de' Medici, che ambiva di salire sul trono polacco. «Questo signor tesauriere è confidentissimo della regina e sa meglio di nessun altro», dicono di lui. La manovra non riesce e al Medici tocca rimanere a Firenze, tuttavia la stella di Burattini non si oscura. La morte della regina Maria Luisa (1667) e l'orientamento filoasburgico prevalso nella corte polacca lo mettono momentaneamente fuori gioco, ma in seguito rientra e infatti gli viene assegnata, come detto, la carica di comandante militare di Varsavia.
Nella rapina subita in Ungheria era andato perduto anche il manoscritto della "Bilancia sincera", ispirata alla "Bilancetta" di Galileo. Burattini intendeva elaborarne un modello più semplice e pratico nell'effettuare le operazioni e lo ripropone. «Dopo aver ben considerata quest'operetta, pensai di farne un'altra differentissima, il successo della quale fu molto efficace, perché in luogo delli fili d'ottone che avvolgeva il signor Galileo attorno alla sua Bilancetta, io ciò feci con la divisione minutissima delle linee trasversali e con tre cursori; però che con questa faccio più presto cento operazioni, di quello se ne può fare con quella del signor Galileo; però che con questo faccio più presto cento operazioni, di quello se ne può far una con quella del signor Galileo; ma nulla di meno non pretendo di levar la gloria di quel grand'uomo, sapendo esser cosa facile aggiongere alle cose trovate».
Resta il fatto che mentre il nome di Galileo Galilei è giustamente celebrato, quello di Tito Livio Burattini è tristemente obliato.
 

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