Esami, ostacoli e sogni: la storia di Alessio Sommacal tra Belluno e la California

Lunedì 1 Agosto 2022 di Silvano Cavallet
Alessio Sommacal studia alla California State Polytechnic University Pomona

BELLUNO - «Non, non posso dire di essere un ricercatore; ma sto studiando proprio per raggiungere questo obiettivo. Nello specifico, studio biologia molecolare e cellulare». Incontriamo Alessio Sommacal in una pausa del suo percorso universitario in California («tra un mesetto tornerò alla California State Polytechnic University Pomona - questo il nome del college - perché il loro calendario di studi è anticipato rispetto al nostro»): un'imperdibile occasione per provare a capire tempi, modi e contenuti di una simile scelta. Brillante come studente, almeno come lo è da atleta, lui che è uno dei migliori ostacolisti in Italia.
Come si entra in un'università statunitense?
«È un processo lungo. Ci si affida a un'agenzia che ti consiglia e ti fa svolgere un paio di test. Un primo, basato su inglese e matematica, che è il test cui si sottopongono gli studenti americani dell'ultimo biennio delle superiori. È molto impegnativo perché la parte della lingua è molto avanzata e prevede anche letture di testi inglesi antichi, anche di prima dell'Ottocento; e questo mette a dura prova. Il secondo test, quello per gli studenti stranieri, mira a valutare la conoscenza dell'inglese come seconda lingua; è sempre impegnativo ma, almeno, è centrato su ciò che hai studiato».
Il passo successivo?
«L'agenzia ha postato online il mio profilo, con i risultati dei miei test, che è stato notato da due tecnici, quello degli ostacoli e quello dell'intera squadra. Abbiamo avuto un colloquio, naturalmente online, durante il quale ci siamo confrontati sui programmi e sul mio ruolo entro i programmi stessi, e ci siamo accordati».
Primo anno, causa pandemia, frequentato da Belluno. Com'è andata con gli orari?
«Certo, le 9 ore di fuso ci sono. Tuttavia, nel programmare i miei corsi sceglievo quelli che terminavano, al più tardi, verso le 3 di mattina. È anche vero che, non di rado, verso la fine proponevano una verifica e questo comportava di scandire il testo, stamparlo e rispondere. Un passaggio che, inevitabilmente, svegliava tutti!».
Finalmente, poi, l'approdo in California. Che impatto è stato? i campus sono quelli che si vedono nei film?
«È certamente un mondo diverso. Per me, abituato alla giornata con ritmi preordinati e assunzione di responsabilità, è stato uno choc culturale. Diciamo che lì se la vivono, ecco. Naturalmente la più parte punta a risultati di alto spessore ma non pochi hanno l'obiettivo di terminare il corso, passando qualche anno senza assilli».
A proposito di prospettive, ti vedi come un cervello ritornante o come destinato a mettere le tue risorse al servizio di altri Paesi?
«Sono solo a metà del percorso, quindi è un discorso un po' prematuro L'obiettivo è di tornare, certo. A patto che sia considerato il mio patrimonio di conoscenze. Voglio dire che, se dovessi ripartire dalla gavetta, allora tutto andrebbe riconsiderato».
In regola con gli esami?
«Sì, sono al passo con il programma. Nella passata stagione, con gli impegni sportivi, ho accettato qualche voto che, in passato, mi avrebbe fatto arricciare il naso. Ma, considerando proprio il doppio percorso, sono soddisfatto; e conto di laurearmi nel 2024».
Quanto pesa la pratica sportiva in un college?
«Tanto, davvero tanto, sia dal punto di vista fisico, sia mentale. Gli allenamenti sono programmati a metà giornata e questo non favorisce certo il successivo passaggio allo studio. Ma, con un po' di attenzione, ci si riesce, dai. Anche perché l'esperienza studente/atleta l'avevo vissuta alle superiori e si è trattato di affinare le capacità. Oltretutto, a me piace studiare di sera e di notte, momento nei quali rendo di più».
Quanto alle prestazioni, puntavi ad abbattere il muro del 14 secondi, tu che comunque hai portato in questa stagione il personale dei 110 ostacoli a 1415?
«A dire il vero, no. Anzi, non credevo neppure di arrivarci così vicino in questa stagione. Poi, come si dice, l'appetito vien mangiando e un pensierino l'ho ben fatto. Tuttavia, considerando la stagione - da febbraio a giugno, due o tre gare ogni fine settimana - credo di potermi dire più che soddisfatto. Tra l'altro, le finali di Conference a San Francisco le abbiamo disputate con un clima da inverno inoltrato; il che rendeva impossibile puntare al risultato cronometrico».
Poi il ritorno e i risultati italiani: bronzo ai Tricolori Promesse e finale agli Assoluti.
«Sono state due piacevoli sorprese perché, dopo i mesi californiani, ho alzato il piede e le prove italiane rappresentano l'onda lunga del lavoro svolto laggiù».
Prospettive immediate?
«Torno a metà agosto per l'inizio del terzo anno; e ci torno forte dell'esperienza fatta, per cui conto di procedere spedito verso il traguardo».
Quando parli con i tuoi, ti viene normale usare l'italiano o ti capita di pensare in inglese e poi tradurre?
«Bella domanda. D'abitudine riesco a tenere distinte le due cose e a parlare usando la lingua opportuna. Quando penso, in particolare nello sport (per esempio quando vado sui blocchi) penso in inglese».
Un inglese che ha poco a che vedere con quello che si impara a scuola.
«Assolutamente diverso, si. Però, da appassionato di film e serie televisive, ho sfruttato questa opportunità. Prima con i sottotitoli, poi senza, puntando ad accrescere la mia capacità di comprensione». Per Alessio gli ostacoli (a proposito..) sembrano solo un test che ti spinge a cercare il modo migliore per superarli. Nella certezza che il superamento è destinato a concretarsi! Chapeau!

 

Ultimo aggiornamento: 13:07 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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