Dal Sahara alla Lapponia, Thomas pronto a correre sul ghiaccio

Giovedì 16 Febbraio 2017 di Marco D'Incà
Dal Sahara alla Lapponia, Thomas pronto a correre sul ghiaccio
BELLUNO - Dal caldo al Circolo polare artico, dal Sahara alla Lapponia. Thomas Lorenzi: dopo aver affrontato il deserto, il 37enne iron man bellunese è partito per la rotta di Babbo Natale: direzione Polo nord. Dove affronterà una sfida ai limiti: l'ultramarathon invernale a Rovaniemi, in Finlandia ovvero  150 km da percorrere a piedi, in un limite massimo di 42 ore e con temperature che possono scendere anche sotto i meno 30 gradi, anche se in questi giorni si registrava un anomalo +5. E con al traino una slitta da 20 kg.

Su quale piano si è sviluppata la preparazione in vista dell'ultramarathon, in programma sabato?
«Mi alleno dallo scorso settembre. Per ricalcare ciò che mi aspetta in Lapponia, ho inventato un'imbracatura con lo scopo di trascinare il copertone di un'automobile, come se fosse una slitta. La gente che mi vedeva in giro mi scambiava per pazzo. In merito al freddo, ho svolto sedute in cella frigorifera (fino a un massimo di 5 minuti), in modo da abituare il mio corpo al clima di quelle zone. Ovviamente ho corso molto, accumulando un buon numero di km. In realtà sarei dovuto partire già lo scorso anno, ma un banale infortunio me l'ha impedito: alzando un peso, sono incappato in un serio infortunio muscolare. Ora, però, mi sento davvero pronto».
Qual è il rischio principale per una gara di questo tipo?
«Il sudore, perché a quelle temperature si congelerebbe. Per scongiurare questo rischio, indosserò delle calze impermeabili, capaci di resistere ore e ore immerse nella neve».
Abbigliamento e materiale al seguito?
«Fornello per sciogliere la neve e cucinarsi i pasti, giacconi e guanti himalayani, sacco a pelo, materassino impermeabile e materiale tecnico di vario genere».
Un modello di riferimento per queste imprese?
«Il quasi settantenne Marco Olmo, una leggenda degli ultratrail. E un punto di riferimento. Non voglio apparire presuntuoso, ma nel Bellunese mi sento una sorta di precursore in questo campo».
Quali sono le motivazioni che inducono una persona, con una famiglia e un lavoro, a imbarcarsi in una simile avventura?
«Essendo istruttore di nuoto, ho sempre vissuto l'ambiente della piscina per 10, 12 ore al giorno. E così sentivo l'esigenza di respirare aria pulita, all'aperto. Quell'esigenza mi ha indotto a scoprire una sorta di nuovo mondo. Di nuova dimensione. Perché il fatto di spingermi all'estremo è stato fondamentale per conoscere meglio me stesso, avere consapevolezza dei miei limiti. In certi momenti, è come essere immersi nella spiritualità: si crea con la natura un'armonia, sublimata dalla fatica che si compie. E poi c'è l'aspetto culturale, legato al viaggio. Ho la possibilità di ammirare luoghi e zone che un normale turista non visiterà mai».
Obiettivo?
Ultimo aggiornamento: 16:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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