Su 51 candidati sindaco soltanto 7 sono donne. «Per noi è difficile gestire famiglia e impegno politico»

Le testimonianze delle prime cittadine indicano la famiglia come "ostacolo" principale alla candidatura femminile a portare la fascia del Comune

Martedì 14 Maggio 2024 di Luca Vecellio
Su 51 candidati sindaco soltanto 7 sono donne. «Per noi è difficile gestire famiglia e impegno politico»

BELLUNO - Tania Santi, Anna Rosa Martinelli, Milena De Zanet, Marta Picinotti, Elena Levorato, Silvia Tormen e Gioia Sacchet: questi gli unici nomi declinati al femminile che caratterizzeranno questa tornata elettorale 2024. Si sono esposte in qualità di candidati sindaco solo sette donne su cinquantuno figure complessive, per una provincia che mostra ancora una volta, in modo inequivocabile e oggettivo, una notevole disparità tra i generi. E più precisamente, se nella composizione delle liste e poi nelle future giunte le quote rosa saranno garantite dalla legge (nella teoria), è la predominanza della leadership maschile già annunciata a mettere in guardia: a partire da giugno, in qualsiasi caso, meno del quattordici per cento dei Comuni sarà amministrato da una donna.

Una tendenza che si riconferma nel bellunese di molto inferiore rispetto alla media regionale, che nel 2023 aveva sfiorato un incoraggiante diciannove per cento. Considerando quanto è stato discusso, in questi anni, sul complesso tema della parità di genere, calcolando le tante iniziative portate avanti per garantire quest’equilibrio, appare evidente come le motivazioni di questo fenomeno vadano indagate ancora più in profondità, oppure - al contrario - nella problematica quotidianità di una donna sindaco. A confermarlo con i loro commenti sono altre donne facenti parte della scena politica bellunese (i loro commenti a pagina III), che attribuiscono a questo disequilibrio varie cause. 


FAMIGLIA

La maggior parte delle intervistate concentra il motivo principale della scarsità di donne tra le candidate sindaco alla famiglia. E anche se parlare dei figli e del coniuge come ostacolo diretto a un’ambizione femminile sembra qualcosa di un po’ sbagliato anche a chi lo riferisce, gli orari, le responsabilità, lo stipendio sembrano effettivamente non poter coincidere - nella gran parte dei casi - con le necessità di una madre o di una moglie lavoratrice. 
«La vita di una donna porta a fare delle scelte - racconta Silvia Cestaro, consigliera regionale ed ex sindaco di Selva di Cadore - Io, che ho iniziato da molto giovane, ero sempre dispiaciuta nel lasciare spesso i miei figli soli a casa, ma un sindaco dev’essere sempre pronto, reperibile. È stato un grande sacrificio, ma sono riuscita a farlo e ora i miei figli sono grandi. Il fatto di essere mamma è un po’ diverso dall’essere padre e la donna, per carattere, a tempo perso non fa nulla: o si mette in gioco del tutto oppure fa a meno».


RESPONSABILITÀ

«Il ruolo del sindaco viene ancora visto come ruolo maschile. È una società così e ci vorrà tanto tempo per un cambio dal punto di vista culturale - commenta la sindaca uscente di Limana Milena De Zanet - Secondo me il grande handicap è la famiglia. Se avessi avuto dei figli non sarei riuscita a conciliare tutti questi impegni e a portare avanti questo mio obiettivo. Le incombenze sono molte e non interessa più a nessuno ricoprire il ruolo di primo cittadino quando esistono cariche con meno responsabilità che vengono pagate di più. I motivi di questa carenza di donne candidate? Forse non lo vedono come ruolo appetibile oppure non percepiscono la voglia di mettersi in gioco. Limana fa eccezione: ci sono quattro liste e in due di queste i candidati sono donne. Tanti comuni ne hanno una sola. Per questo dico che non si tratta di incentivare le donne, ma di creare un nuovo interesse per la vita amministrativa». 


DECLINAZIONE

Nessun sindaco donna, tra quelle intervistate, ha affermato di interessarsi alla declinazione del proprio titolo: anche se per il dizionario italiano il ruolo andrebbe messo al femminile, la maggior parte “delle sindache” preferiscono mantenerlo al maschile. Questo perché, come hanno spiegato praticamente all’unisono: «L’importante è che vi sia rispetto nei confronti della persona e del suo ruolo, senza distinguerla secondo il genere». E con questo discorso, si aprono anche le considerazioni sulle quote rosa: alcune delle amministratrici o ex amministratrici intervistate ha dichiarato di averle considerate “strumenti utili per abbattere l’immensa barriera culturale che c’era qualche anno fa” ma ormai obsoleti. Altre le hanno definite addirittura “umilianti” perché obbligano un consiglio comunale a fare delle scelte che dovrebbe fare comunque, sulla base di una scelta libera e basata sulla valutazione delle figure e delle loro competenze al netto del loro sesso. 


RUOLI

Dalle testimonianze si deduce che per diventare sindaco, per una donna, sia oggi ancora necessario fare dei sacrifici: la carriera professionale, la presenza a casa oppure i figli. Per i sindaci uomini, al contrario, avere una famiglia sembra non essere un problema (e lo testimoniano le presentazioni durante le campagne, con il numero di figli ben indicati in grassetto). Quindi qui sorge il paradosso: nessuno di queste, parlando di famiglie moderne, sembra prendere ancora in considerazione l’idea che possa essere eventualmente il coniuge, “l’uomo” diremmo per semplificare, a farsi carico delle responsabilità di casa. Che possa essere, diciamo, il più casalingo tra i due.

Ultimo aggiornamento: 17:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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