«Basta croci in montagna». Bufera sul Cai, poi le scuse. Matteo Salvini: «Dovrete passare sul mio corpo per toglierne una»

Lunedì 26 Giugno 2023 di Claudia Guasco
«Basta croci in montagna». Bufera sul Cai, poi le scuse

La questione è annosa, ogni tanto riaffiora e suscita sempre un polverone anche tra i membri del Club alpino italiano, la più antica associazione di appassionati della montagna. Le croci in vetta. Sono 372 sulle Alpi, e molte sono lì da secoli, più di settanta sugli Appennini, alcune sono gigantesche: quella sul monte Catria, al confine tra Umbra e Marche, è alta 18 metri, sul monte Amiata ne spicca una di 22 metri. Da decenni gli ambientalisti denunciano: «Insidiano l'integrità naturale dei crinali». Qualche giorno fa lo scrittore Marco Albino Ferrari, da otto mesi direttore editoriale delle testate del Cai, ha rilanciato: «È anacronistico l'innalzamento di nuove croci».

Una riflessione tracimata in valanga di polemiche politiche e chiusa con tante scuse e presa di distanza dai vertici del Club alpino.


«ANACRONISTICO»
Tutto comincia da un convegno sul tema, svoltosi giovedì scorso all'Università Cattolica di Milano con successivo editoriale dell'antropologo Pietro Lacasella, curatore della testata online dell'associazione "Lo Scarpone". «La società attuale si può ancora rispecchiare nel simbolo della croce? Ha ancora senso innalzarne di nuove? Probabilmente la risposta è no. Innanzitutto perché l'Italia si sta rapidamente convertendo in uno Stato a trazione laica, territori montani compresi. Pertanto la croce non rappresenta più una prospettiva comune, bensì una visione parziale», scrive. Perciò, «se da un lato sono inappropriate le campagne di rimozione, perché porterebbero alla cancellazione di una traccia del nostro percorso culturale», dall'altro si rivela «anacronistico l'innalzamento di nuove croci e, più in generale, di nuovi e ingombranti simboli sulle cime alpine: sarebbe forse più pertinente intendere le vette come un territorio neutro, capace di avvicinare culture magari distanti, ma dotate di uguale dignità». Il Club alpino italiano, sottolinea il direttore della testata, «guarda con rispetto le croci esistenti, ma non solo: si preoccupa del loro stato e in caso di necessità si occupa della manutenzione ripulendole dagli adesivi, restaurandole in caso di crolli». Come avviene per i rifugi e le vie ferrate, insomma, «si prende cura delle strutture esistenti, dichiarandosi al contempo contrario alla realizzazione di nuovi innesti». Il problema è che Ferrari, al convegno in rappresentanza del Cai, ha manifestato il suo no all'installazione di altre croci parlando a nome di tutto il club. Che tra l'altro è un ente pubblico non economico, il cui organo vigilante è il ministero del Turismo.


LA RETTIFICA
«Non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci in vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Sono dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro», corregge la rotta il presidente del Cai Antonio Montani. «Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l'equivoco generato e rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto». Ma nel frattempo si è scatenata la bufera. «Resto basita dalla decisione del Cai di togliere le croci dalle vette senza aver comunicato nulla al Ministero. Non avrei mai accettato una simile decisione che va contro i nostri principi, la nostra cultura, l'identità del territorio, il suo rispetto», dichiara il ministro del Turismo, Daniela Santanchè. «Dovrete passare sul mio corpo per togliere un solo crocifisso da una vetta alpina», rincara il responsabile delle Infrastrutture Matteo Salvini, rallegrandosi poi per la «scelta di buonsenso del dietrofront dopo il nostro appello». E il ministro degli Esteri Antonio Tajani twetta: «Esiste un minimo comune denominatore che lega tutta l'Europa ed è il cristianesimo. Difendiamo i nostri valori, la nostra identità, le nostre radici». La precisazione del Cai placa gli animi e Montani chiosa con un suo pensiero: «Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco a immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce».

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