Tra le Dolomiti gli addestramenti
dei guerrieri del Califfato

Mercoledì 1 Aprile 2015 di Olivia Bonetti
Ismar Mesinovic morto ad Aleppo in battaglia
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BELLUNO - Si sono addestrati sulle montagne bellunesi Ismar Mesinovic e Munifer Karamaleski prima di partire per la Siria per combattere per il Califfato. Per quella missione sono stati preparati da un 30enne di origini balcaniche arrivato appositamente a Belluno due o tre volte per le «lezioni» ai soldati di Allah. È lui il nuovo indagato dell’inchiesta sui reclutatori di terroristi in Veneto aperta dalla magistratura veneziana, coordinata dal pubblico ministero Walter Ignazitto e dal procuratore capo dell’antiterrorismo, Adelchi d’Ippolito, dopo la morte di Ismar Mesinovic.

Tutto ha preso il via proprio dall’imbianchino bosniaco, partito da Longarone prima del Natale 2013 e morto ad Aleppo a 38 anni il 4 gennaio 2014. Da lì le indagini dei carabinieri dei Ros di Padova, guidati dal comandante Paolo Storoni, hanno ricostruito tassello dopo tassello il quadro che di mese in mese si fa sempre più inquietante.


La cellula di reclutatori di terroristi era tra Belluno e Pordenone. Qui dove è venuto a predicare l’imam del terrore itinerante Bilal Bosnic, che aveva il compito di indottrinare i futuri jihadisti. Bosnic, indagato anche a Venezia, è stato arrestato per reclutamento di terroristi nella sua patria, in Bosnia, il 3 settembre scorso e si trova attualmente ai domiciliari.

Non si sa nulla invece del 30enne slavo: il suo compito, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, era quello di passare dopo l’imam e completare l’opera di reclutamento, con l’addestramento dei «soldati di Allah». Gli investigatori non escludono però che quelle due o tre volte in cui il 30enne è venuto a Belluno lo abbia fatto per recuperare soldi «per la causa» della jihad.
Quel che è certo è che dopo il passaggio del 30enne i soldati erano pronti: Mesinovic bosniaco da Longarone e Munifer Karamaleski, macedone da Chies d’Alpago. L’ultimo dettaglio? Qualche settimana prima di partire Mesinovic ha acquistato un drone che voleva utilizzare quasi certamente a scopo militare. Ed è andato a comperarlo in un negozio della provincia di Vicenza, da un veneto che successivamente lo ha consegnato al bosniaco. Di quel drone non si più nulla, forse è utilizzato dai commilitoni di Mesinovic e vola ancora sui cieli della Siria per spiare i campi nemici.

Nei prossimi giorni a Venezia è previsto un summit con il procuratore di Sarajevo, il quale ha chiesto una rogatoria per acquisire atti dell’inchiesta italiana, che di fatto è «parallela» a quella bosniaca che ha portato Bosnic a processo.
Ultimo aggiornamento: 26 Febbraio, 10:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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