Mar Rosso, gli Houthi vogliono tagliare i cavi internet occidentali: nei tubi in fibra passa il 17 per cento del traffico web mondiale

L’allarme delle aziende dopo un post con le mappe pubblicato dai terroristi

Martedì 6 Febbraio 2024 di Marco Ventura
Mar Rosso, gli Houthi vogliono tagliare i cavi internet occidentali: nei tubi in fibra passa il 17 per cento del traffico web mondiale

Il salto di qualità negli attacchi degli Houthi alle economie occidentali, soprattutto europee, passa per i cavi delle telecomunicazioni sottomarini, non più spessi di un tubo per innaffiare il giardino.

Basta interromperne uno, il più importante, per mandare in tilt la trasmissione dati fra India, Cina ed Europa. Potrebbe essere l’obiettivo perfetto, facile da conseguire e dalle conseguenze inimmaginabili. È questo il timore, e anche l’allarme, dell’associazione delle aziende di telecomunicazioni yemenita fedele al governo in esilio, sulla base di un inquietante post pubblicato su Telegram dai miliziani filoiraniani Houthi. Accanto a una cartina geografica c’è scritto: «Ecco le mappe dei cavi internazionali che connettono tutte le regioni del mondo attraverso il mare. Sembra che lo Yemen si trovi in una posizione strategica, dato che le linee Internet che connettono continenti interi, non solo Paesi, passano proprio là vicino». Gli Houthi, quindi, lo sanno. «La minaccia riguarda una delle più importanti infrastrutture digitali del mondo – dice il ministro dell’Informazione del governo basato a Aden, Moammar al-Eryani – e gli Houthi sono un gruppo terroristico, non conoscono tetti o limiti».

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I cavi

Sarebbero almeno 16 i cavi sottomarini nelle acque del Mar Rosso, attraverso i quali passa il 17 per cento del traffico Internet di tutto il globo e in alcuni tratti corrono ad appena 100 metri sotto il pelo dell’acqua. Uno, in particolare, rischia di finire nel mirino dei terroristi Houthi, l’Asia-Africa-Europe AE-1, lungo più di 25mila chilometri. Gli analisti del Gulf security forum scrivono in un rapporto che «i cavi sono rimasti al sicuro finora grazie al relativo sottosviluppo della tecnologia Houthi, e non per mancanza di motivazioni». La guerra dei ribelli con l’Arabia Saudita per il controllo dello Yemen è stata per lo più terrestre, di conseguenza la loro Marina non è particolarmente avanzata. Ma la minaccia prende corpo. «La situazione è gravissima, fortemente critica», commenta Giovanni Ottati, consulente strategico delle Tlc in Africa, membro del Comitato di indirizzo strategico della Fondazione E4Impact ed ex presidente di Confindustria Assafrica & Mediterraneo. «Praticamente tutti i cavi sottomarini che raggiungono dall’Europa l’India e la Cina attraversano il Canale di Suez e passano nel Mar Rosso, toccando da un lato lo Yemen e dall’altro Gibuti, che è diventato un punto strategico delle Tlc. Da lì i cavi poggiano su Alessandria e Suez, in Egitto, e quindi nel Mediterraneo». Ci sono cavi che dall’India e dalla Cina vanno direttamente in Sudafrica, dalla Malesia e le Mauritius per poi risalire lungo la costa occidentale africana fino al Portogallo e al Regno Unito. «Questo cavo, il Safe-Wasc, ha però fine vita nei prossimi due anni. Le alternative sono state create soltanto di recente: il cavo di Meta-Facebook che ha a Genova uno dei suoi punti di approdo. La controindicazione è che anche questo cavo, l’Africa2Connect – spiega Ottati – passa dalla Grecia all’Egitto e attraverso il Canale di Suez tocca poi Kenya, Tanzania e Sudafrica, e quindi risale esattamente come le navi che effettuano per sicurezza la circumnavigazione dell’Africa per il Capo di Buona Speranza».

@ilmessaggero.it Tre navi e un migliaio di militari Ue, tra operativi e di supporto. Dopo il via libera arrivato dal Consiglio europeo dei ministri degli Esteri, inizia a riempirsi il contenitore della missione “Aspis” a difesa dei mercantili in viaggio nel Mar Rosso. Al netto dell’accelerazione provata ad imprimere anche dal ministro Antonio Tajani per i dettagli operativi bisognerà attendere ancora. Tuttavia lo schema su cui si sta ragionando è quello di inviare ad incrociare le rotte dei cargo che attraversano il pericoloso stretto di Bab el-Mandeb tre differenti fregate con a bordo sistemi anti-razzo e anti-drone. A fornirle dovrebbero essere i principali proponenti della missione, ovvero Italia, Francia e Germania. #ilmessaggero #italia #guerra #houthi #marrosso #aspis #ue #usa ♬ suono originale - Il Messaggero

L’alternativa

L’altra alternativa è l’Equiano di Google, che tocca Nigeria, Togo e va giù dritto in Namibia e Sudafrica. Il problema è che finisce là. Quindi c’è bisogno di cavi terrestri che «passando da Mombasa in Kenya e Dar Es Salaam in Tanzania, tramite la Repubblica Democratica del Congo raggiungano l’Angola per ricollegarsi al cavo indiano a Luanda e Lobito». Questa sarebbe la risposta del mondo delle Tlc alla crisi del Mar Rosso. Intanto, però, «Sabotare un cavo sottomarino è facilissimo, basta un piccolo sottomarino che vada in profondità e tranci i cavi», dice Ottati. «Prima che si faccia l’intervento di ripristino in una situazione di guerra passa un mese, immaginiamo cosa possa significare un’interruzione dei servizi di trasmissione dati con la Cina o con l’India, il più grande hub di assistenza ai software». 

Le reazioni

Proprio ieri il ministro della Difesa britannico, Grant Shapps, ha riconosciuto che i raid anglo-americani non hanno azzerato la capacità offensiva degli Houthi, la cui intenzione resterebbe «quella di continuare a ostacolare la navigazione nel Mar Rosso». E “Le Monde” specifica che la crisi pesa proprio sull’Italia, le cui esportazioni per il 54 per cento avvengono via mare, e di queste il 42.7 per cento lungo il Canale di Suez. «Non ci faremo intimidire», ammonisce il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ribadendo l’impegno in prima linea dell’Italia nella missione Ue nel Mar Rosso che partirà a breve per proteggere i mercantili dagli assalti degli Houthi.

Ultimo aggiornamento: 2 Marzo, 19:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA