La virata a destra della Spagna non c’è stata.
Alberto Núñez Feijóo era convito di trascinare il Partito popolare verso una larga vittoria. Ma non ha ottenuto il miglior risultato che auspicava in campagna elettorale, vale a dire i numeri per potere governare da solo, senza l’alleanza con la formazione di destra estrema Vox. Non solo: a tarda sera è apparsa inavvicinabile anche la maggioranza assoluta dell’alleanza Pp-Vox. Sarebbe stata una alleanza inedita (a livello nazionale perché nelle comunità autonome è già collaudata). La Spagna continua di fatto a navigare nella instabilità dopo che nel decennio scorso ha visto terminare il bipartitismo. Il numero magico per potere governare è 176 seggi dei 350 della Camera dei deputati. Rispetto al 2019 i Popolari incassano tutti i voti che appartenevano a Ciudadanos, una formazione di centro che dopo une exploit durato pochi anni è sparita, ma ne sottraggono anche a Vox, che di fatto quasi dimezza i deputati, ed è un paradosso perché succede nelle elezioni che avrebbero dovuto portare al governo il suo leader, Abascal, il leader nella notte con il volto più cupi di tutti. Per molti ieri doveva finire il «sanchismo», dopo cinque anni di governo di Pedro Sànchez, che vantava comunque buoni risultati per l’economia e forse pagava scelte molto forti sulle leggi dedicate ai diritti civili. Dopo la sconfitta alle regionali, ha deciso di anticipare le elezioni nazionali, ma se è vero che formalmente esce sconfitto in termini di seggi, è altrettanto vero che il Pp oltre a Vox non ha possibilità di trovare altri alleati, dunque senza maggioranza assoluta della destra, l’ex primo ministro potrebbe sperare di allearsi non solo con Sumar di Yolanda Diaz che ha messo insieme molte formazione di sinistra, ma anche con i vari partiti autonomisti presenti in Parlamento. In sintesi: è chiaro chi ha vinto in Spagna, il Pp, è molto più incerto chi potrà governare il Paese. Interessante anche ciò che succede in Catalogna, dove il Psc (il partito socialista catalano) supera le due formazioni indipendentisti, Junts ed Erc.
NOCHE LARGA
«Una noche larga», una lunga notte. Questa è la frase più ripetuta quando alle 20 in Spagna si chiudono i seggi e diventano pubblici gli ultimi sondaggi. Nella realtà virtuale non ci sono dubbi che il Partito popolare sia la prima forza, con un vantaggio molto consistente rispetto ai Socialisti. Ma c’è una enorme incognita sulla possibilità di formare un governo, visto che i due sondaggi principali, uno commissionato dalla tv pubblica Tve a Sigma Dos e l’altro di Gad3 per Mediaset, non sono univoci. Il primo dice che il Pp, anche con l’inedita alleanza con l’estrema destra di Vox, non supera il numero cruciale di 176 che vale la maggioranza assoluta; il secondo invece vede Pp più Vox ben al di sopra dei 180 seggi e dunque pronti a governare insieme come già succede in alcune comunità autonome. Per cui tutti i commentatori dicono: ci sarà da aspettare, bisognerà vedere i “voti veri”. Mano a mano che dai sondaggi si passa però ai voti veri, la realtà si ribalta: il trionfo per il Pp si ridimensiona, la fine di Sánchez è una notizia ampiamente esagerata.